Chiamò il cane temendo che si allontanasse troppo: le piaceva vederlo correre e giocare, ma si spaventava ogni volta che credeva fosse sul punto di scappare lontano da lei. Era così con tutti: il silenzio, l'assenza erano assoluti e creavano in lei il terrore irrazionale dell'abbandono.
Raccolse un po' di sabbia e la fece volare dal palmo della mano, immaginando ogni singola particella accarezzata dalla brezza del mare. Il telefono squillò.
- Ciao, che cosa fai?
Era Laura. Telefonava due o tre volte al giorno e le chiedeva dove fosse e con chi. Silvia sospirò in silenzio.
- Ciao! Sono sulla spiaggia con il cane, e tu?
Laura raccontò i dettagli delle sue ultime due ore a scuola, con gli alunni e i colleghi, poi chiese:
- Hai sentito Alessio?
Silvia ebbe voglia di ridere: finalmente Laura aveva chiesto ciò che le interessava realmente. Voleva sapere se Alessio, il suo fidanzato, l'avesse chiamata. Mentì.
- Sì. Ha telefonato due volte questo pomeriggio. Sta lavorando, oggi deve discutere il progetto per un nuovo centro commerciale...
Non aveva voglia di raccontare ogni cosa a Laura: le voleva molto bene ma le continue telefonate erano una sorta di assedio che non riusciva più ad affrontare. Quanto ai discorsi su Alessio, la bugia era meglio che sentirsi ripetere per l'ennesima volta che probabilmente lui non era l'uomo adatto a lei perché pensava solo al lavoro e probabilmente la tradiva. Laura analizzava ogni parola dei racconti di Silvia, e non perdeva occasione per accusare Alessio di falsità e poco amore.
Laura commentò:
- Il tuo fidanzato ha sempre qualcosa da fare, infatti non è mai insieme a te...
Finse di non avere sentito.
- Questa sera ci vediamo in palestra? Io sarò lì alle sei, più o meno
Laura rimase in silenzio, valutando probabilmente se insistere su Alessio oppure lasciare perdere. Poi rise.
- L'ultima volta sono rimasta bloccata una settimana, grazie ai tuoi esercizi! Verrò ma non ti seguirò nelle tue imprese pesantissime. Mi limiterò a un giro sugli attrezzi e cercherò di conquistare l'allenatore biondo
Anche Silvia rise.
- Come vuoi! Mi fa piacere che tu venga
- Anche a me
Conclusero la conversazione e Silvia accarezzò il cane, che saltava intorno a lei per convincerla a lanciare lontano un pezzo di legno che usavano per giocare. Lo accontentò: scagliò il legno oltre una piccola duna. Il cane si lanciò per recuperarlo.
Il mare era calmo e sembrava trasmetterle la medesima quiete. Le riusciva difficile immaginare che tra non molto sarebbe rientrata in casa, si sarebbe cambiata e avrebbe raggiunto la città per andare in palestra. Camminò lentamente verso la duna, oltre la quale il cane aspettava scodinzolando.
- Dovresti imparare a riportare il pezzo di legno, come nei film, invece devo rincorrerti per farti giocare!
gli disse quando lo ebbe raggiunto.
Qualcuno rise, Silvia si voltò. Un uomo alto e brizzolato, con barba e baffi e gli occhiali da sole, la osservava poco lontano. Indossava un paio di jeans e una maglia sbiadita, e teneva nella mano destra un paio di scarpe sportive.
- Buongiorno! Si è spaventata?
Scosse la testa.
- No...
Abbozzò qualche passo per allontanarsi: non aveva voglia di parlare, non conosceva quell'uomo e non era granché nel sostenere conversazioni con estranei. L'uomo si avvicinò.
- Passeggiare su questa spiaggia è meraviglioso
Le tese la mano.
- Mi chiamo Marco Fasilli, felice di incontrarla
Silvia esitò. Non le sembrava una buona idea fermarsi a parlare con uno sconosciuto su una spiaggia deserta. Non seppe rifiutare la stretta di mano, ma non disse il proprio nome. Lui sorrise.
- Capisco, non si fida... Ha ragione, non ci siamo mai incontrati
- Non è sfiducia, è che...
Non sapeva che cosa dire. Il sorriso di quell'uomo era molto bello, gli occhi si illuminavano e la mano era forte e vigorosa. La fissava negli occhi senza deviare lo sguardo.
Agganciò il collare al cane, poi rise.
- Scusi, non mi aspettavo di incontrare qualcuno e sono un po' imbarazzata
Anche lui rise, si avvicinò un po' di più e, senza che lei si rendesse conto, inziarono a camminare fianco a fianco.
- Non vuole proprio dirmi il suo nome?
- Silvia
- Abita qui, Silvia?
Annuì.
- Sì, la casa dei miei genitori è là in fondo. Vede? Con le persiane azzurre... Quasi sulla spiaggia
Si pentì di avere dato un'indicazione così precisa, però l'uomo sembrava davvero simpatico e degno di fiducia. I suoi occhi ridevano, erano talmente sinceri... Lui non fece commenti.
- Anche lei abita da questa parti?
- No, amo venire qui a passeggiare ma abito in città
Fece un gesto vago indicando una direzione alla loro destra.
Silvia tastò la tasca dei pantaloni e sentì il tintinnìo della chiavi. Camminarono in silenzio per un po', poi si fermarono davanti al cancello di casa. Gli tese la mano.
- Grazie per la compagnia, arrivederci!
L'uomo le strinse la mano e sorrise.
- Arrivederci!
Silvia infilò la chiave nel cancello ed entrò; il cane si mise a correre in giardino e sparì dietro la casa. Lei allungò un braccio dietro di sé per chiudere, ma una mano le afferrò il polso con violenza. La sua bocca fu chiusa da un'altra mano che le strinse brutalmente il viso. Si sentì trascinare verso l'autorimessa, che aveva la porta aperta. Provò a scappare, ma il braccio le fece molto male.
- Ferma, puttana, altrimenti ti ammazzo
Nell'autorimessa l'uomo che aveva incontrato in spiaggia la scaraventò sul pavimento, e quando lei tentò di urlare la colpì con un calcio sul viso. Lei non svenne nonostante il dolore: lo vide togliersi i pantaloni e poi gettarsi su di lei, strappando i suoi vestiti.
Ogni movimento di Silvia sembrava aumentare il vantaggio dell'uomo su di lei; quando capì di non avere la possibilità di fuggire chiuse gli occhi e sperò che finisse tutto in poco tempo. Lui la picchiò sul viso, le morse il seno e il collo poi la penetrò con violenza. Il gemito di Silvia sembrò aumentare la sua crudeltà: spinse più forte e le circondò il collo con le mani. Strinse.
- Mi senti? Mi senti, puttana? Adesso muori...
Silvia spalancò gli occhi e cercò disperatamente di spostare l'uomo, di ferirlo in qualche modo per farlo smettere. Il collo sembrava preso in una morsa e il viso faceva molto male.
Le mani strinsero ancora. Silvia percepì l'aria nei polmoni esaurirsi. Aprì la bocca.
Il volto dell'uomo con gli occhi che ridevano fu l'ultima cosa che vide.
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