Non saprei. L'ho guardata talmente tanto da saperne descrivere i contorni: mi sembra che la donna della fotografia sia qui accanto, la testa rivolta al sole e i capelli lunghi sciolti sulle spalle abbronzate. Invece. Sono certo di non averla mai incontrata, o almeno lo ero prima di fissare gli occhi sui dettagli e perdere la consapevolezza del tempo.
- Venga si accomodi
Ha detto il carabiniere gentile. Mi ha indicato la sedia e ha allungato sul tavolo la fotografia, poi si è seduto di fronte.
- Osservi con calma, non si sforzi di rispondere subito
Il che è una fregatura, qualcuno dovrebbe dirglielo: se la risposta non è istintiva deve per forza essere sbagliata. O inventata. O cercata nella memoria per pietà, per compassione nei confronti dei genitori di questa povera giovane donna caduta in un fiume. Perché la donna è morta, ne sono certo. Non è quella della fotografia, anche se la mia mano - calda e sudata - che stringe questa immagine di gioia persa nel passato sembra volermi convincere del contrario ("Non è più semplice dire che è lei che hai visto sul sentiero, che hai visto buttarsi nel fiume senza poterla salvare?"), ma è una donna altrettanto giovane e altrettanto bella. Altrettanto lontana, ormai.
Sto facendo confusione. Mi hanno chiamato per chiedermi se conosco la donna della fotografia. Mi sono seduto e ho guardato, guardato, guardato. Fino a esaurire la vista, fino a vedere piccole palline nere danzanti e lacrimanti nel campo visivo. Ho chinato la testa teso e contratto, e adesso mi fa male il collo.
- La riconosce?
Ha chiesto il carabiniere, e giuro vorrei davvero farlo felice. Vorrei dire:
- Sì, è lei che camminava sulla spiaggia
No, sto sbagliando. Volevo dire sul sentiero di montagna. Perché è là che ho visto l'altra donna, quella morta nel fiume. Affogata con le braccia sparate al cielo.
Camminava, quella donna del sentiero. Camminava e canticchiava da sola qualcosa. Per qualche secondo ha fissato il telefono cellulare quando mi ha incrociato: so che è una tattica, le donne fanno così per avvertirti. "Guarda che chiamo qualcuno se mi molesti". Poi però l'ha messo via: deve essersi accorta che sono vecchio e non mi interessa infastidire la gente. Pochi minuti dopo era nel fiume, e le mie mani non potevano afferrarla per tirarla fuori. Non c'ho dormito: ho pensato al suo corpo abbronzato inflaccidirsi nell'acqua fredda e diventare pallido e bluastro, la faccia in giù e i capelli a corona tutti intorno.
- Allora, ricorda qualcosa?
Non capisco perché il carabiniere si ostini tanto: mi chiede di una donna diversa come se potessi sapere dove si trova. Ci sono i genitori, fuori: li ho riconosciuti perché piangevano e parlavano. Poveracci, aspettare la figlia morta. Perché anche questa donna della foto è morta, lo sento. Lo vedo dallo sguardo sbiadito, remoto: si diventa così in fotografia, appena si muore si perde la luce. E lei l'ha persa. Il carabiniere qui davanti ha proprio una grande pazienza: mi osserva e sorride, mi offre anche da bere. Acqua gassata in un bicchiere piccolo e pulito. Accetto e mi distraggo dalla fotografia: tanto so che non la conosco.
Eppure. Questi occhi, sono proprio sicuro di non averli mai visti? E le guance piene, rosse, lucide di sudore, disegnate con purissima perfezione... Non possono essermi totalmente nuove, devo averle già ammirate una volta. Devo essermi incantato su questo viso. O forse è un'illusione, in questa stanza buia con un carabiniere che mi fissa e la fotografia in mano: certo, è una specie di delirio e io non so più che cosa sia vero.
- Da sei ore lei non risponde, possibile che non riesca a ricordare?
Sei ore. Non è possibile, il carabiniere non si è mai alzato dalla sedia: non possono essere passate sei ore. Una, al massimo. Intanto che provo a ricordare.
Questa donna è in un fiume. No, sbaglio di nuovo: l'altra è nel fiume. Quello appena fuori da casa mia. Quello dove è caduta e non so come. Ma io volevo tirarla fuori, poi. Dopo che la vista è ritornata e il respiro si è fatto calmo. Dopo che ho lasciato andare la ciocca dei suoi capelli, o dei capelli di questa donna della fotografia. Non ricordo. Strappo i capelli, a volte, ma non voglio fare male. Non voglio che soffrano, e quando sono in acqua le purifico e sento che mi perdonano. Tutto.
Mi ha perdonato anche questa donna della fotografia, sapete. Lo dirò al carabiniere, quando si sarà stancato e vorrà una risposta. Gli dirò che nel fiume ci sono altre donne: sono le mie amiche, le compagne di una gita o gli incontri di qualche istante. Ho strappato loro i capelli ma mi hanno perdonato. Tutte. Quando ho sciolto la loro vita nel fiume.
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