Attendeva fissando lo schermo pallido. Sapeva. Il tempo e il silenzio avrebbero portato le parole.
Una donna aveva devastato la sua vita, tentava di recuperarne i cocci per metterli insieme. Oppure guardarli lì, nelle mani, persi a un equilibrio che non ricordava.
Perché lei c'era stata, e questo faceva la differenza.
Si era avvicinata a lui senza suscitare interesse, come una nuvola che nasconda il sole giusto un momento, quel tempo trascurabile che non cambia il corso delle cose: l'aveva salutato senza l'espressione ammirata e un po' succube delle donne che leggevano i suoi libri. Aveva pensato che non avesse mai sentito parlare di lui. Forse era stato proprio questo ad accendere la sua testa: quella donna giovane e bella non aveva idea di chi fosse il romanziere, l'intellettuale corteggiato e voluto da tutti i salotti. Forse non tutti, ma quasi. Almeno quelli importanti.
Insomma, non sapeva granché di lui, e la sua espressione non cambiò quando lui snocciolò il suo nome buttandolo lì con la studiata noncuranza frutto di anni di esercizio. Perché quando si presentava voleva colpire. Sempre. "Ho pensato che fosse ignorante, che non leggesse libri", raccontò a se stesso per la milionesima volta, muovendo le labbra e sfiorando la tastiera: aveva sospettato che si trattasse di una donna incolta, o poco interessata a ciò che rendeva davvero importante la vita. I libri. I suoi libri.
Invece.
Quella donna conosceva i suoi romanzi meglio di lui, ma questo l'avrebbe saputo dopo, molto dopo.
Adesso fissava il computer e aspettava le parole, che sarebbero arrivate lo sapeva. Arrivavano sempre, soprattutto quando il cuore era schiacciato dal dolore dalla nostalgia dal rimpianto. E quello era un momento perfetto per soffrire: lei era uscita dalla sua casa tetra giusto qualche giorno prima, trascinando un baule pesante e rifiutando il suo aiuto.
- Stai tranquillo, ce la faccio...
e aveva sorriso, come se un sorriso avesse senso in quello strazio.
Lo stava lasciando solo e sorrideva.
Uno dei suoi scherzi.
Pensò alla notte che aveva preceduto la solitudine: avevano parlato fino a ore impossibili perfino per lui.
- Io sono una scopata, niente di più
Questa frase girava nei suoi ricordi esattamente come in quelle ore: la prima volta che l'aveva sentita aveva pensato alllo sfogo isterico di una donna gelosa, poi aveva capito, sempre più confuso, che davvero ne era convinta.
Aveva provato a raccontarle un amore che non sapeva esprimere.
- Sono parole. Bellissime, ma solo parole
Questa la sua obiezione, ripetuta con un'ostinazione che le conosceva troppo bene.
Era convinta di essere un gioco. Credeva davvero a tutti i discorsi che vomitava nelle ore di quella notte, anche alla decisione di lasciarlo. Perché pensava di essere un passatempo e non accettava i suoi silenzi.
I silenzi. Il problema. Perché ogni volta che lui si lasciava andare, ogni volta che la dava passione e fuoco e amore e piacere poi spariva. O almeno lei diceva così. Forse qualche ragione ce l'aveva: aveva avuto tempo per ricordare e si era accorto che sì, la passione lo svuotava e gli faceva perdere il senso delle parole. Degli abbracci. Per questo stava in silenzio.
Gli diceva:
- Mi fai pagare ogni nostro incontro
La capiva la capiva moltissimo, probabilmente avrebbe pensato la stessa cosa. Ma i motivi non erano quelli che lei aveva creduto: era convinta che lui si comportasse così perchè desiderava solo le ore di gioco. Il sesso. Per questo era andata via.
Invece la amava.
Rise, fissando il fluttuare bianco dello schermo. Se fosse stato un romanzo avrebbe saputo come concludere la storia: esattamente come era nella realtà, con uno scrittore solo incapace di soffrire.
Perché era stato incapace di amare.
Quello che scrivi è sempre molto bello Giulia
Scritto da: Giulia | 03/22/2007 a 11:05
come se potessi leggere fra le righe altrui.
ma è solo l'amore infelice a trovare posto nella parola scritta, sempre.
quello felice si vive.
Scritto da: d | 03/22/2007 a 11:58
"Dietro
quella soddisfazione olimpica c'era questo,l'impotenza e il rifiuto ad impegnarmi.Adesso,a modo mio,sono entrato nel gorgo; contemplo la mia impotenza.Me la sento nelle ossa". (Cesare Pavese-Il mestiere di vivere)
Sono però convinta che,al di là delle apparenze o di certe affermazioni dal carattere apodittico,spesso,dietro l'incapacità di amare,si nasconda la profondità di ferite subite e i tentativi,non troppo felici,per rimarginarle.Le donne allora,restano impenetrabili,sconosciute,inafferrabili quasi non fossero capaci di partecipare degli stessi valori e degli stessi sentimenti dell'universo maschile.E in base a una diversità reinventata a proprio uso e consumo si interpretano i propri fallimenti,e la loro ineluttabilità; "La ragione perchè le donne sono sempre state amare come la morte,sentine di vizi,perfide,Dalile,è in fondo soltanto questa; l'uomo eiacula sempre,se non è un eunuco,con qualunque donna,mentre loro gliungono raramente al piacere liberatorio,e non con tutti,e sovente non con l'adorato,proprio perchè adorato,e se ci giungono una volta non sognano più altro...E' il tragico fondamentale della vita,e quell'uomo che eiacula troppo rapidamente sarebbe meglio che non fosse mai nato.E' un difetto per cui vale la pena di uccidersi" E' sempre lo stesso Pavese che lo disse
Cosa può un uomo RIVELARE in quella tragica terribile incapacità d'amare? Se è vero che ognuno si costruisce il proprio destino,si costruisce pure anche il proprio inferno.Poichè "ciò che si fa,si farà ancora e anzi si è già fatto in un passato lontano" e "l'angoscia della vita è questa rotaa che le nostre decisioni ci mettono sotto le ruote.E poco importa che si condanni la confusione tra sogno,arte e vita...che è adolescenza,che è dannunzianesimo,che è errore...E il quotidiano diventa allora il ricettacolo di tutta questa confusione e la voglia sempre più forte di inabissarsi in ciò che non puoi dare distruggendo quello che ti si offre e si mette totalmente a tua disposizione perchè tu nè faccia ciò che vuoi! Ma lui,non vuole questo,non vuole possedere,non vuole che l'offerta di quel mettersi nelle sue mani, nella sua volontà,perchè lui non può,e non vuole questo,vuole l'IRRAGGIUNGIBILE!E, se non si può avere,si diventa rabbiosi,violenti,distruttivi.Ci si può anche creare un mondo a misura (in una giustizia assolutamente laica,con valori su cui puntellarsi,in solitudine e,se la tenerezza non trova un oggetto su cui appuntarsi...ecco sgorgare la follia del sangue,la passione omicida che distrugge ciò che non si può avere.Per punire un rifiuto che non è giusto,perchè nessun altro (sicuramente più indegno) possa possedere l'oggetto d'amore.Ma tutto inesorabilmente si ritorce,tutto si rivolta contro se stessi,E,LO SI SA'! Difficile "scappare" da questa angoscia,difficile togliersi da questa coscienza vigile e costante! Lei (la coscienza) chiede solo di perdersi e d'annullarsi.In una passione (consumata e ricambiata), mai nella e saltazione di una fede di "consegna",,ma,si TROVERà MAI colei che,sfidando ogni destino "precostituito"...non nè imponga autonomamente un suo diventando morale di vita,essenza di vita che non ne escluda pure l'estetica?!
Chissà! La diversità è sempre un'arma a doppio taglio che,se è vero che l'individuo si accoppia di preferenza al suo contrario,ciò nasce dal fatto che esiste un orrore istintivo di essere legato a chi esprima i nostri stessi difetti,le nostre idiosincrasie...La complementarietà ha senza dubbio un suo fascino,ma significa anche l'impossibilità di una comunicazione vera.Della possibilità di riflettersi nell'altro come in uno specchio.Specchi del quale si ha paura.Si soffre allora che nessuna gioia supera la gioia di soffrire.; Forse è tutto qui; nel timore profondo di fallire come maschio,come uomo,come "ruolo imposto".Inadeguato a quello che le donne vogliono,a quello che la donna amata vuole da lui,pASPETTATIVE SEMPRE AL DI SOPRA DELLE PROPRIE POSSIBILITà, di ciò che può dare. MA QUESTO,E' UNA COLPA?!... Fulvia
P.S.Chiedo perdono se mi sono dilungata e,forse,sono uscita un pò fuori dal tema.
Scritto da: FULVIA | 03/22/2007 a 16:39