- Non ti capisco
- Cosa c’è da capire?
La guardava come se non la conoscesse.
- Partire così, senza avvisare
- L’ho fatto altre volte
- Ma altre volte non sei andata a New York
- Che differenza c’è?
Alzò le spalle.
- Non so. La distanza, forse. O il fatto che qualche messaggio prima o poi arrivava, potevo sapere o immaginare dove fossi
- Stai dicendo che sono sempre stata prevedibile
Rise.
- Un po’. Per chi ti conosceva, almeno. Ma di recente credo di non conoscerti più
- Esagerata
- Non è una critica, è che sfuggi alle interpretazioni
Si alzò e bevve un sorso dalla bottiglia d’acqua piccola che aveva preso in treno, guardando il mare appena disturbato dalle onde. Era un mare strano e triste, con la neve che cadeva sulla spiaggia. Aveva cercato la barca bianca passando accanto al porto, ma era impossibile vederla, e aveva provato a indovinare dove fosse quella blu, dove sognava di vivere prima o poi.
Prima o poi.
- Non devi interpretare. Sai o non sai, è tutto lì. E’ come tentare di relazionarsi con gli altri, come ha detto un mio amico. Mi sono persa in cento spiegazioni possibili per la sua voglia di stabilire relazioni intelligenti, poi ho lasciato perdere. Tanto non riesco a capire cosa significhi
- Dimmi di New York
- Cosa vuoi sapere?
- Eri sola?
Non avrebbe risposto. La fissò evitando ogni espressione. Tiziana credeva di leggerla, l’aveva creduto per molto tempo. Ora era evidente che non riusciva a cogliere il punto centrale di lei, quell’angolo segreto che aveva deciso di nascondere. Perché era solo suo. Non si trattava di amicizia meno preziosa o di istanti sfuggiti al controllo, ma di stanchezza. E di consapevolezza improvvisa, grazie al dolore. Qualcuno l’aveva fatta soffrire, ma lei aveva capito che era stato il regalo più grande. Perché era nata di nuovo, finalmente, e aveva visto gli errori e le catene, e la libertà di amare anche nel buio. Amare di più, perché in silenzio e nella solitudine di giorni solo suoi. Aveva rotto ponti sopra fiumi che non servivano, poteva finalmente custodire dentro di sé il volto più prezioso, quello che non si sarebbe stancata di accarezzare con la punta delle dita. Ma non poteva spiegarle. Non voleva.
- Mi rispondi? Eri sola?
Avrebbe potuto dire che sì, era sola. In effetti lo era stata, sola. Come sempre. Ma qualcosa in fondo a lei illuminava e riempiva, e bastava per renderla felice. Come mai era stata, a parte quei mesi che ricordava come i più belli, quei mesi che non potevano finire perché li aveva mangiati e digeriti, e facevano parte delle sue cellule e dei liquidi e dei peli e della pelle e del respiro.
- Non vuoi dirlo?
- No
- Allora non eri sola
Errori, sempre. Si accumulavano inesorabili come gli anni ai lati degli occhi.
- Tiziana, stai sbagliando
- Non credo. Sei sparita, due settimane senza notizie e ora ritorni da New York e non vuoi dirmi con chi sei stata
- Con me
- Risposta filosofica, dalla ai tuoi lettori
- La sto dando a te
Sospirò. La raggiunse accanto alla finestra.
- Fa freddo, è incredibile che nevichi anche qui. C’era neve a New York?
- Sì
- Sei stata a Central Park?
- Moltissimo. E alla Library, anche. E in tutti i posti che ti ho raccontato mille volte
- Ti immagino camminare senza berretto, senza un ombrello, con i tuoi taccuini e la borsa troppo pesante oppure con lo zaino rosso che si copre di neve, a guardare e pensare
- A sentire, anche
- Sì. Mi piacerebbe condividere con te New York, una volta
Le voleva bene. Avrebbe afferrato la sua mano per sentirla sul volto, l’avrebbe stretta come non era abituata a fare. La cantilena della sua voce roca e bassa sapeva calmarla e farla rilassare, a volte si era addormentata ascoltandola parlare.
- Puoi venire con me, la prossima volta
Mentiva. Non riusciva a condividere se stessa, le piaceva che esistessero segreti. Voleva incuriosirsi guardandola vivere e chiedersi se ci fosse ancora uno spazio per loro, voleva che lei immaginasse cose non reali oppure tormentasse i minuti nell’attesa di capire. E New York, come altri posti pieni di lei, non si poteva condividere. Si arruffò i capelli con la mano. Mentiva di nuovo, anche a se stessa. Condivideva nel silenzio con qualcuno che neanche immaginava. Ascoltava musica, vedeva istanti che toglievano il respiro, soffriva da strapparsi la carne con le unghie o rideva di piccoli giochi da niente, camminava fino al fontanone nella notte più oscura con un pugno in mezzo al petto, leggeva libri e con la mente li ripeteva alle sue orecchie. Odiava da urlare. Stringeva lacrime e spezzava ricordi. Sorrideva di dolcezza e pazienza infinita. E aspettava che ci fossero, quei momenti che l’anima sperava. I momenti ai quali non avrebbe rinunciato mai. E lo percepiva sotto la pelle come un tremito piacevole, spesso, sapeva cosa pensava o faceva o provava, e le bastava. Era il tesoro spento per tutti, ma non per lei. Perché il peggio era accaduto, ed era sopravvissuta con l’amore e la rabbia e la follia.
- Cosa hai fatto quando non c’ero?
- Non te lo dico
Sorrise.
- Rappresaglia?
- No, mi tratti da estranea e lo stesso faccio con te
- Drammatizzi sempre, non c’è bisogno. Sono qui e sono felice di vederti
Era vero. I sentimenti, quelli rimasti dopo le cesoie della delusione e della chiusura di tante relazioni storte, erano nitidi e concreti, diamanti durissimi che scintillavano nella sua testa e la abbagliavano. Amava meglio di prima, era paziente e pronta ad ascoltare. E capiva la gioia e la tristezza, e la ribellione quando la vedeva.
Tiziana alzò la testa cercando qualcosa sul soffitto, sospirò.
- Hai scritto qualcosa?
- A New York?
- No
- Perché?
- Ho scritto in aereo
Le strinse il naso con due dita.
- In aereo, non a New York. Mi farai impazzire, ne sono sicura. Sembra che tu voglia mettere alla prova la mia pazienza. Va bene, hai scritto in aereo, mi racconti?
- Ho iniziato un romanzo
- Come al ritorno da Berlino?
- Sì
Aveva scritto immaginando di tenere la mano con la pelle più morbida che avesse conosciuto, quell’unica pelle che aveva strappato brividi e delirio quando aveva voluto.
- Parli di sesso?
- Certo, altrimenti come potrei fare incazzare tanta gente?
Risero entrambe.
- E il tono Liala?
- Anche quello, non posso tradire i detrattori
- Gli invidiosi, vorrai dire
- A volte è lo stesso, altre volte no
- Insomma, hai scritto di amore
- Torbido, passionale, scorbutico, cattivo, totale. Sì
- Evviva!
- Già. Ho ripescato nella memoria. Nonostante l’età, qualcosa ancora ricordo
I suoi occhi mandarono luce. Ne fu consapevole.
- Sai, mentre ti aspettavo riflettevo sulla tua vita. Ti sono capitate tante cose, non tutte belle
- Succede
- Lo so, avrei voluto starti più vicina
- L’hai fatto, lo fai ancora
Le sfiorò una spalla. Non osava abbracciarla. Certi gesti non esistevano, con lei. Travolgeva solo quando amava forte, oppure era incapace di toccare il corpo di chi le stava accanto.
- Dimmi qualcosa di te, qualcosa di profondo. Fammi sentire che mi vuoi bene
Le si fermò il respiro, un nodo in gola e le lacrime all’improvviso. Trattenne e si voltò verso la libreria, fingendo di cercare qualcosa.
- E’ stata una rivoluzione. Lo è anche adesso, ma ne sono più consapevole. E mi è servito.
- Hai perdonato?
Prese un libro senza badare al titolo, la guardò di nuovo. Si era aspettata una domanda diversa, sulla malattia, ma Tiziana non aveva osato affrontare l’argomento. Le fu grata, non aveva voglia di pensarci.
- Chi? Perdonare chi?
- Posso iniziare l’elenco?
- Certo
- Chi ti ha ferita con l’invidia, la cattiveria, le parole inutili e stupide
- No. Non ho perdonato perché non c’è niente da perdonare. Non esistono più, tutto lì
- L’avevo capito. Meno male. Poi?
- Poi cosa?
- Non rispondere con un’altra domanda. Hai perdonato?
Rise.
- Sapevo che saresti arrivata lì
- Dai, rispondi
La fece uscire sul balcone con una spinta e le indicò la neve che piegava gli alberi, e il cielo quasi grigio.
- Guarda, è meraviglioso. E’ la cosa più bella che possa capitare, non credi?
- Non mi rispondi proprio?
La fissò in silenzio. Non aveva capito. Eppure sì, lei aveva risposto. Più di quanto avesse mai fatto.
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