Capitolo 2 - LAURA
- Porca troia!
Fabrizio la guardava stringendo il bicchiere, gli occhi stralunati.
- E tu non lo sapevi? L’hai operata senza sapere che fosse la figlia del tuo amante? Non ti ha sfiorata il dubbio?
Laura scosse la testa.
- No, centinaia di persone possono chiamarsi Conti! Non parla mai della famiglia, l’ho sentito tre giorni fa, era negli Stati Uniti e sembrava tranquillo. Come facevo a sapere che fosse il padre della ragazza che stavo per operare? Me lo sono trovato alle spalle quando sono uscita dalla sala operatoria, si è presentato come se non ci conoscessimo.
- Cazzo che brutta storia, avete fatto finta di niente?
Si abbandonò con la fronte sulla scrivania.
- Sì, quando mi ha detto il suo nome ho capito che voleva che fingessi di niente e ci ho provato. Ma non sono stata brava a fingere. E comunque sono sicura che la moglie capirà da sola.
- Come può capire? Basta fingere di niente.
- No, non è possibile. E’ pazzesco, è la mia analista!
Le si sedette accanto.
- Piano, spiega meglio. Hai operato una ventenne, figlia della tua analista, e hai scoperto che il padre, nonché marito dell’analista, è il tuo amante?
- Esatto. Sono mesi che vado a letto con il marito della mia analista senza saperlo, e le ho raccontato tutto. Perfino che gli piace sodomizzarmi sul tappeto davanti al camino lubrificandomi con il burro.
- Cazzo!
Venne da ridere a entrambi.
- Ragazza mia, devi avere doti insospettabili. Inizio ad apprezzarti molto più di prima.
Un fremito improvviso le scosse le spalle, sentì la tensione dell’intervento sciogliersi e un’ilarità folle, storta, afferrarla con violenza. La risata suonò cattiva ma non poté fermarla. Continuò a parlare con la fronte che sbatteva sulla scrivania, squassata da risate sempre più feroci.
- Hai capito? Luca, lo psichiatra che insegna all’università e dorme a casa mia due o tre volte la settimana e ama il sesso la mattina presto, e scrive libri e non beve vino, è il marito della mia analista. Le ho detto tutto di noi, ogni dettaglio intimo o quasi, magari sono mesi che ha capito!
Sentì la sua mano sulla nuca.
- Calmati, le hai detto il cognome del tuo Luca durante le sedute?
Per un po’ non poté rispondere, strozzata da singhiozzi che non erano pianto e non erano neanche ilarità.
- Non ricordo, ma cosa importa? Quando me lo sono visto davanti ho balbettato, lei mi conosce da anni. Percepisce le sfumature meglio di me, sa cosa farò prima ancora che lo sappia io. Vuoi che non abbia sospettato?
- Laura, stiamo parlando di una donna che ha l’unica figlia con un sarcoma gravissimo. Forse non ha potuto notare niente, è troppo spaventata.
Sollevò la testa.
- Sei mai stato in analisi?
- No.
- Bene, allora credimi. Di fronte all’analista sei nudo. Se non ha capito oggi lo farà domani, è inevitabile. Sa chi sono e come mi comporto, come reagisco e cosa faccio nella mia vita. Scopo suo marito, le ho raccontato tutto decine di volte. E adesso c’è anche di mezzo la figlia, non posso sparire dopo averla operata.
- Non puoi, è vero. Che situazione di merda!
Versò un po’ d’acqua nel bicchiere di Fabrizio e bevve. C’era molto di più. C’erano i contenuti della sua analisi, che non voleva raccontare: l’infedeltà, la ricerca di qualcosa che non avrebbe saputo definire, gli uomini diversi che avevano affollato la sua vita, l’incesto come incubo da cui fuggire, l’appiccicosa inquietudine di sesso consumato tra mura domestiche e vissuto come sporcizia, e ferita, e orrore. E c’era l’analista, che aveva investito di fiducia e aspettative: madre, sorella, amica, giudice, specchio. C'erano le confidenze fatte nelle sedute di psicanalisi su un uomo che da mesi veniva gemendo dentro di lei senza precauzioni perché nella follia di una passione rapida e tremenda aveva deciso di diventare madre. E Luca aveva accettato senza esitare. Lidia sapeva che voleva un figlio, e che Luca aveva acconsentito a darglielo.
- Laura, ci sei?
Le toccò una mano.
- Sì, scusa. Pensavo.
- A cosa?
- A Luca.
- Hai paura che la vostra storia finisca?
L’idea la spaventò. Non le era venuto in mente che quell’incredibile sequela di coincidenze potesse mettere in pericolo la relazione con Luca.
- No. Non so, vedremo. Forse sono stanca e non ho equilibrio, dovrei andare a casa e smettere di rimuginare.
- La ragazza è ritornata in reparto?
- Chi? Clara?
- La figlia del tuo amante, sì.
Andò alla porta.
- Vado a vedere.
Uscì prima di sentire il saluto di Fabrizio.
- Buonasera dottoressa.
Rispose con un sorriso all’infermiera che entrava per il turno e camminò rapida verso la corsia. Appoggiato allo stipite della porta della camera di Clara vide Luca.
- Buonasera, sua figlia è ritornata in camera?
La fissò. Rughe profonde circondavano gli occhi e appesantivano la fronte.
- No amore, non ancora.
Abbassò la voce, notando la stanza vuota.
- Come stai?
Lui chiuse gli occhi.
- Non so descriverlo. Sembra un incubo, il peggiore. Ho fatto il volo da New York a Milano pregando. E non credo in dio.
- Mi dispiace.
Il viso strappato dal dolore. Avrebbe voluto baciarlo e accarezzarlo come nelle notti lunghe della loro relazione.
- Pensi che morirà?
“Sì”. Rispose la sua testa in silenzio, ma non fu capace di dirlo.
- Non so, Luca. Il sarcoma era molto esteso e aggressivo. Ho tolto tutta la massa con una parte della parete toracica, ma il rischio che la malattia ritorni esiste.
- Farà chemioterapia?
Scosse la testa.
- In teoria no, i sarcomi non sono molto sensibili ai farmaci, ma tenteremo tutto.
- Vuoi dire che farà chemioterapia ma probabilmente non funzionerà?
- Non ho detto questo.
- Più o meno.
- Sì, più o meno. Mi dispiace Luca.
- E’ senza un seno, vero?
Non riuscì più a guardarlo.
- Il chirurgo plastico ha ricostruito parzialmente la zona che ho dovuto asportare, ma il lembo di muscolo dorsale che ha usato è stato sufficiente solo per chiudere la ferita, non per ricostruire il seno.
- Cazzo.
Lo vide abbandonarsi sullo stipite della porta, le mani lungo i fianchi e le pupille pigole perse nei pensieri. Fu investita dalla voglia di piangere. Lo amava e non poteva toccarlo, non riusciva a riconoscerlo nel ruolo di padre e marito che non gli aveva mai visto.
Le parlò.
- Come stai, amore? Non ti ho chiesto niente di te.
- Sono stanca. Confusa. Non pensavo che Clara fosse tua figlia.
- Non l’hai sospettato? Non ti ho mai parlato di lei?
- No. Non so perché ma non ho pensato a un legame tra voi. Sapevo dell'esistenza di una figlia, mi sono chiesta spesso che aspetto avesse e se ti somigliasse ma non conoscevo il nome, e soprattutto non potevo immaginare che fossi il marito della mia analista.
Le spalle di Luca si afflosciarono come sotto un peso ancora più grande.
- Anche quello è un casino. Neanche io l’ho mai sospettato. Mi dicevi della tua analisi ma non volevo entrare nel merito, sarebbe stato sbagliato. Hai detto a Lidia di noi?
- Sì. Non sono sicura di averle detto il tuo cognome, ma le ho raccontato la mia relazione con te e tanti dettagli.
- Anche sessuali?
- Sì.
Luca rise.
- Fantastico. Però è logico, in analisi si dice tutto. Hai parlato anche del figlio che vuoi avere da me?
- Sì.
- Un disastro. Questa è una cosa che non accetterà mai.
- Mi dispiace, Luca. Non immaginavo. Vorrei non averle detto niente, ma come potevo sapere? Pensi abbia capito?
- Se non ha capito lo farà presto. Ci penseremo e risoveremo in qualche modo. In questo momento una crisi con lei non può esistere, dobbiamo pensare a Clara. Non farà niente, la conosco bene, penserà prima a Clara poi al matrimonio. E’ naturale che sia così. Il problema è rimandato.
Sentì un vago dolore spuntare nel petto.
- Sì, pensate a lei.
La paura che, forse per lo choc di troppe notizie insieme o per la tensione dell’intervento, fino a quel momento era rimasta schiacciata a un angolo della mente si fece strada e l’aggredì. Avrebbe voluto chiedere una rassicurazione, una frase che le ricordasse che lui l’amava. Per non perdere l’emozione degli ultimi mesi e la fantasia di avere incontrato l’uomo con cui condividere un tratto di strada. Ma non poté parlare. I ruoli non esistevano più, l’equilibrio era irrimediabilmente perso: Luca non era l’amante con cui avrebbe voluto fare un figlio, ma il padre di Clara, una sua paziente, e il marito di Lidia, l’analista che da anni la seguiva. E lei, Laura, non avrebbe più potuto essere la paziente di Lidia e la donna amata da Luca con passione e qualche istinto paterno: era il chirurgo cui Clara era stata affidata, aveva la responsabilità della sua vita e della paura dei genitori.
- Dottoressa, permesso.
Si spostò meccanicamente seguendo con lo sguardo il lettino e gli infermieri che riportavano Clara nella stanza.
Luca riuscì ad accarezzare il viso della figlia prima che la porta fosse chiusa, poi abbracciò Lidia che era arrivata insieme agli infermieri.
- Amore, come stai?
Le sussurrò.
Il conato di vomito represso all’ultimo istante fece voltare bruscamente Laura.
- Tra poco potrete entrare. Tornerò a vedere Clara appena sarà tranquilla nel suo letto.
Disse camminando veloce, senza più guardarli. Ritornò nello studio, crollando su una sedia con la testa tra le mani.
STORIE DI VITA.
Storie di povera umanità che inevitabilmente porta il destino ai "suoi" conti e a una "nemesi" del prima o poi.
Racconti bene Mariagiovnna e tutta la tua umanità si scopre in com-passione e forse nel tempo voluto dal destino in misericordia per altrettanto perdono...Un forte abbraccio.Bianca 2007
Scritto da: BIANCA 2007 | 03/18/2009 a 14:29
Verità. Di questo si parla, questo si pensa a porte chiuse; questo è il linguaggio, spesso, e così le espressioni anche di frotne alla tragedia immane. Brava MG, che non abbandoni la strada del reale anche quando può dare fastidio. Usi parole e frasi che riconosciamo e per questo forse feriscono. Usi storie che non sempre hanno fine lieta (qui la fine non la so), ma si avvicinano fino a toccarci.
Scritto da: ego | 03/18/2009 a 15:05
Ho già commentato ma non compare, riprovo. Il linguaggio brutale dell'erotismo è sensuale, giusto, reale. La realtà è ciò che colpisce: discorsi normalissimi nel mezzo di una tragedia immane, del peso enorme della responsabilità di un medico che scopre di avere operato la figlia del propro amante. Molto bello, sembra di origliare, di ascoltare di nascosto un dialogo verissimo. Brava.
Scritto da: Lauretta | 03/18/2009 a 16:08
EGO,
la "verità" è sempre nuda e disarmata perchè prima che dal cuore è uscita dalla pancia.Inutile è storcere la bocca.Forse quando anche il dolore si sarà umanizzato,si potrà riprendere il viaggio leccandosi le ferite da sè oppure non avendone memoria.Bianca 2007
Scritto da: BIANCA 2007 | 03/18/2009 a 18:28
Suspence anche se il romanzo non è un giallo, questa caratteristica ti contraddistingue Maria Giovanna. Si resta sospesi e un po' storditi, alla fine di ogni capitolo
Scritto da: Carlo | 03/18/2009 a 21:54
Grazie per i commenti e per la lettura. I dialoghi e il linguaggio vogliono essere reali, è così che li sento. La suspence forse è un tratto che mi si nasconde sotto pelle, anche nella vita non scritta. Purtroppo. Per fortuna.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 03/18/2009 a 21:59