Capitolo 10 - LAURA
Appoggiò la testa al cuscino e gli accarezzò il viso: dormiva da qualche minuto, il respiro sempre più lento, sembrava finalmente in pace.
L’aveva visto uscire dall’ospedale poco dopo il suo colloquio con Clara. Era stata con lei, Lidia e Luca più di un’ora: aveva descritto i dettagli della chemioterapia che gli oncologi avevano proposto e risposto alle domande insieme a Franco, il collega di oncologia che avrebbe seguito Clara. Poi Luca era andato via.
-Vado in studio, poi a casa.
Aveva detto, e Clara l’aveva salutato con un sorriso.
-Non preoccuparti papà, sto bene.
Lidia non aveva aperto bocca.
Lei era rimasta in reparto per finire il giro dei pazienti operati, aveva rifiutato un invito a cena di Sara, la caposala, ed era andata a casa. Mentre aspettava che il cancello elettrico si aprisse aveva notato la luce accesa in cucina, poi l’automobile di Luca parcheggiata in garage. L’aveva accolta con un bicchiere di vino rosso e un gigantesco cesto di tulipani sul comò.
-Finalmente! Ho voglia di te.
Non aveva visto, o aveva finto di non vedere, il suo sguardo perplesso. L’aveva spogliata in salotto e l’aveva penetrata vorace, prepotente, disperato. Si era spinto dentro di lei a lungo, gridando, trascinandola sul tappeto, con il sudore che le colava addosso e i denti a morderle i capezzoli lasciando segni violacei. Era venuto dentro di lei ed era rimasto immobile, chiamandola amore. Ed era esploso in un pianto disperato.
L’aveva tenuto tra le braccia, aveva accarezzato i suoi capelli e baciato le sue lacrime. Aveva accettato che, tra urla e mutismi improvvisi, l’eccitazione ritornasse e lui entrasse di nuovo in lei, per vomitarle dentro un altro orgasmo nero di rabbia.
Sotto la doccia si era riempita di sapone, aveva strofinato la pelle con il guanto di crine fino a sentire male: non era stato il sesso a ferirla, ma la sensazione brutale di non essere altro che un oggetto da usare per placare un’ansia impossibile da mandare via. Gli occhi di Luca erano distanti, perfino quando penetrava il suo corpo e le gridava il suo amore. Lui non c’era, c’era un corpo che aveva urgenza di sfogare la paura e la rabbia, la frustrazione e un’impotenza intollerabile.
Quando si erano ritrovato seduti a tavola, apparentemente placati, avevano mangiato in silenzio, Luca aveva fatto molte domande sulla terapia di Clara e su ciò che le sarebbe accaduto. Aveva ripetuto meccanicamente le stesse richieste di rassicurazione decine di volte, con una matita in mano che alla fine aveva spezzato e buttato sul tappeto.
-Andiamo a letto, amore.
Le aveva detto dopo un silenzio interminabile, e allora – solo allora – lei aveva avuto la sensazione che la vedesse davvero. Le aveva tolto i vestiti lentamente, ripetendo spesso il suo nome, l’aveva baciata a lungo e con lievi carezze l’aveva eccitata. Quando l’aveva sentito dentro di lei si era persa, aveva dimenticato i dubbi e la paura e l’estraneità delle ore precedenti.
-Ti ho fatto male, prima?
Aveva chiesto baciandole le tempie dopo l’orgasmo arrivato come un sollievo dopo movimenti lenti, delicati, pieni del respiro di lui sui suoi occhi semichiusi, e lei aveva capito che non era al dolore del corpo che alludeva ma alla freddezza di gesti dettati solo dall’angoscia. Non aveva risposto. Gli occhi chiusi per ricevere la sua tenerezza, aveva atteso che si addormentasse per respirare la quiete del buio e della sua presenza nel letto, la pelle calda e sudata sulla sua.
Niente sarebbe stato più lo stesso. Ciò che aveva visto della vita di Luca l’aveva coinvolta, strappata all’illusione di una storia che avrebbe voluto solo sua. Un uomo da amare, la passione ancora al massimo da vivere nelle notti a loro concesse, molti spazi di solitudine che le piacevano, da riempire con il silenzio e con i fiori da seminare e accudire, con un figlio che avrebbe fatto parte del quotidiano più di chiunque altro.
Non aveva mai pensato seriamente alla famiglia di Luca. Non aveva desiderato di vivere con lui: le piaceva che ci fosse e la eccitava la trasgressione, credeva di amarlo ma non aveva l’intenzione di sconvolgere le proprie abitudini per lui. Nei pomeriggi in guardino, china sui suoi fiori, aveva immaginato che il suo uomo prendesse vita prima di bussare alla sua porta e la perdesse andando via da lei. Luca era una figura racchiusa dai confini del suo piccolo mondo, l’unico mondo possibile, e oltre quei confini non aveva consistenza, ombre, colori. Oltre i confini di ciò che lei aveva stabilito per se stessa e per lui, Luca non esisteva. Perché la realtà lontana da lei non era importante, non poteva gettare ombra e nemmeno fare luce, non avrebbe potuto acquisire significato. Luca era il “suo” Luca: la ascoltava, le raccontava ciò che voleva sentire, ritornava senza che dovesse chiamarlo, la amava con istinto e passione. E la accettava. Senza aspettarsi niente di diverso.
Clara aveva rotto l’equilibrio. No, non era stata lei: il cancro che l’aveva aggredita fuori tempo, come una bestemmia impronunciabile, era il vero responsabile del sovvertimento della vita. La malattia non aveva tenuto conto dell’età, dei diritti, delle aspettative. Aveva dato inizio alla distruzione e nessuno avrebbe potuto prevedere cosa sarebbe accaduto dopo. A lei, a Luca e alla sua famiglia. Al valzer disordinato di relazioni messe a caso e sconvolte senza pietà.
Con le dita sfiorò le sopracciglia di Luca. Per la prima volta sapeva, sentiva che l’amore non era solo suo, non lo era mai stato. Luca amava Clara e Lidia, e forse amava anche lei. Forse. Non sapeva più riconoscere i confini del sentimento e del bisogno.
Si alzò dal letto e andò alla finestra. Spiò il guardino attraverso le persiane. I tulipani macchiavano di colore il verde del prato, anche se il buio nascondeva contorni e sfumature; c’era un salice poco lontano, e qualche ciuffo di iris dove andava a sdraiarsi per leggere. E le ortensie, che d’estate rendevano l’aria densa di bellezza voluttuosa, da contemplare con un piacere che perforava l’anima.
-Laura.
Luca la chiamò con la voce roca di sonno. Gli rispose senza voltarsi.
-Sì?
- Perché ti sei alzata?
- Non riuscivo a dormire.
- Guardi i tuoi fiori? Chiedi sollievo a loro?
La conosceva. Era forse il suo essere uno psichiatra, o l’istinto che li aveva uniti subito, nelle prime ore del loro incontro.
-Sì, li immagino. Con questo buio non posso vederli. Dormono anche loro.
- Tu no.
- Lo so.
- Come mai?
Restò in silenzio. Lo sentì muovere nel letto. Il fruscio delle lenzuola le piacque, le sembrò di sentire il profumo fresco del bucato misto all’odore dei loro corpi dopo il sesso.
-Cosa c’è? Perché non dormi?
- Non ho sonno.
- Vieni qui.
Lo raggiunse senza guardarlo e si lasciò abbracciare.
-Pensi a mia figlia?
Non riuscì a rispondere. Non sapeva esattamente quale fosse il centro dei pensieri, il motivo dell’insonnia. L’egoismo, probabilmente: il dramma di Luca le aveva sconvolto vita e desideri, e non sapeva come reagire.
-Amore, vuoi dirmi cosa c’è?
Secoli prima, cioè qualche giorno se voleva ragionare su un calendario reale, avrebbe percepito il suo tono sincero e si sarebbe sentita avvolta da lui. Ma qualcosa nell’immagine rassicurante e protettiva si era incrinato, c’era una fessura profonda e nera dentro la quale non era certa di riuscire a guardare.
-Non c’è niente, Luca. Oppure c’è tutto. Non dormo e penso a te, a Clara, a Lidia, a me.
- Hai subito una brusca interruzione della psicanalisi.
- Tu sai perché andavo da Lidia?
- No, dovrei saperlo? Non me ne hai parlato.
- Credevo che te l’avesse detto.
- Non lo farebbe mai, è una professionista molto in gamba.
- Lo so, mi aiutata moltissimo. Comunque andavo per ragioni di molestia sessuale da bambina.
- L’avevo capito da solo, amore. Ma cosa c’entra adesso?
- L’avevi capito? Come hai fatto?
- Il tuo comportamento, l’aggressività, l’erotismo. Vuoi controllare e dominare ma hai paura, anche.
- Sicuro che Lidia non ti abbia detto niente?
- Sono sicurissimo. E sinceramente io voglio la mia Laura, quella che ho adesso qui con me. Sono il tuo uomo, o l’amante se preferisci. Non sono il tuo terapeuta e non vorrei mai esserlo.
- Perché?
- Voglio amarti ed essere amato.
- Ma conoscere i miei problemi non ti interessa?
- Sono passati, ormai li hai allontanati. E sei qui, con me.
- C’è stato incesto, Luca.
- Avevo capito anche questo, ma non intendo parlarne.
La sua voce era quasi metallica, rispondeva a scatti.
-Perché?
- Perché siamo un uomo e una donna che si amano, non abbiamo relazioni di parentela e mia figlia ha il cancro. Basta stronzate, Laura!
Cambiò rapidamente tono e le baciò gli occhi.
-Dai Laura, basta sul serio. Hai visto la tua analista nel suo contesto familiare, la cosa ti ha sconvolta. Peggio di questo c’è la rabbia di Lidia, che passerà ma al momento fa male. Sei una donna che ha tutti gli strumenti per cavarsela da sola, sei amata e hai una vita bella. Non guardare indietro e fregatene di Lidia, Clara e io abbiamo bisogno di te.
-Ma come faccio a fregarmene di Lidia?
La baciò ancora.
-Ho esagerato. Nemmeno io posso fregarmene, è mia moglie. Ma in questo momento non riesce a vedere le priorità, si scaglia contro di te come una iena solo perché ha il terrore di affrontare il problema di Clara.
-E tu, Luca?
- Io cosa?
- Ho visto anche te nel contesto familiare.
- Sono il tuo uomo, non il tuo terapeuta.
- Sei anche l’uomo di Lidia.
- Sì.
- Non l’avevo considerato fino a pochi giorni fa.
- Ti fa soffrire?
- Credo di sì. Mi fa schifo.
- Cosa esattamente?
- Il fatto che tu sia suo marito e vada a letto con lei.
La strinse.
-Sapevi che ero sposato. Tutti i mariti vanno a letto con le mogli, o quasi.
- Si può essere sposati in tanti modi.
- Eri convinta che non facessi l’amore con mia moglie?
- Non ci volevo pensare.
- Ti amo Laura, sul serio.
- Ami anche lei.
- Sì, ma è diverso.
- In cosa?
Lo sentì agitarsi. Mosse le spalle per qualche istante sospirando, poi la baciò di nuovo.
-E’ mia moglie da molti anni. C’è intimità. E abitudine, tenerezza.
- E con me?
- Dai Laura, che domande fai? Sei l’amore attuale. Forte, passionale, coinvolgente. Cazzo, stiamo provando ad avere un figlio!
- Sì. Lo amerai, Luca?
Avrebbe voluto chiedergli: “Lo amerai come ami Clara?”. Ma la voce si era spezzata. Non lo sentì per molto tempo, poi le sussurrò in un orecchio.
-Lo amerò come amo Clara. Sì, amore mio.
Le si chiuse la gola. Appoggiò la guancia al suo petto.
-Fai l’amore con me adesso, solo con me ti prego.
E le sue mani allontanarono i pensieri.
EROS E THANATOS.
Vita-morte.Dolore che cerca sollievo nella Gioia.Inscindibile specchio che ci riporta al tutto.
"...O perduto,o subito perduto!
Breve il bacio degli dèi ci sfiora.
Altro è il tempo,e il destino è cresciuto.
Ma una fonte piange e ti accora". (Rainer Maria Rilke)
Un abbraccio che tutto ha raccolto.Bianca 2007
Scritto da: BIANCA 2007 | 04/21/2009 a 17:51
L'amore maschile, grande incompreso. Magistralmente tratteggiato con mezzo sorriso
Scritto da: ego | 04/21/2009 a 17:59
EGO,
per questo siamo complementari.
IL terribile romanzo a puntate poi di Mariagiovanna mette a nudo insieme alle complesse dinamiche delle perversioni (come dissi già a suo tempo) un autentico eros nudo di orpelli.Ben Diverso dall'erotismo della pornografia che è decadenza squallore e sempre resterà così.E quanto bisogno ha il mondo di quell'erotismo puro che appartiene all'archetipo di Afrodite che mescola in tutta la sua potente energia di vita fisicità e spiritualità fondendole in quell'"unità" dove non ci sarà mai posto per il puritanesimo e neppure per la severità di giudizio di piccola falsa morale che attenteranno sempre la più alta espressione della vita vissuta come piacere che libera per portare in quel luogo senza tempo dove la GIOIA stà anche se abbracciata alla "sorella malinconia" cotinuando a percorrere Rilke. Spero che il concetto sia stato chiaro.Ho scritto di getto e non mi va neppure di rileggerlo.Bianca 2007
Scritto da: BIANCA 2007 | 04/21/2009 a 20:39
Eros nudo. Eros in sé.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 04/21/2009 a 21:27
L'eros che si immagina in MariaGiovanna, donna di tratti palesi e sfuggenti e dallo sguardo intrigante. C'è sempre una parte non detta che si affianca a una parte brutalmente palese.
L'impressione quando leggo le tue cose è che tu voglia dire la realtà esattamente come è, con i gesti che nessuno avrebbe voglia di ammettere e i pensieri che non sempre sono alti e profondi, pieni di cultura o impegno sociale. Mi piace questo, mi piace lo stile.
Regali un romanzo online e ci riempi di emozione, di rilessione, di piacere e tormento.
Scritto da: lalla | 04/22/2009 a 08:23
Che incantevole quadro, drammatico e spinto oltre i limiti accettabili della compassione
Scritto da: Lauretta | 04/22/2009 a 15:11