Capitolo 11 - LIDIA
Luca non era tornato a casa.
Massaggiò la coscia destra intorpidita. Aveva trascorso la notte sulla sedia a dondolo in camera da letto, immaginando i loro corpi viscidi e sudati e l’odore di sesso a riempire la stanza. Luca era con lei, non sarebbe servito a niente controllare ciò che era ovvio e non veniva nemmeno più nascosto. Aveva dormito nel letto di Laura e aveva preso il suo corpo. Lo conosceva, sapeva che per dimenticare l’angoscia si sarebbe abbandonato a coiti voraci ed egoisti, sempre più cattivi. L’aveva fatto con lei centinaia di volte: la cercava con l’urgenza dell’ansia e vuotava nel suo corpo il tormento. Ma c’era Laura, adesso. E a lei piaceva il sesso brutale e poco romantico, era più giovane e senz’altro più passionale. Aveva l’aggressività tipica delle donne molestate, e una tendenza al masochismo che la rendeva preda ideale.
Poteva vederli, era certa di riprodurre fedelmente nella testa i loro orgasmi e l’annullamento impossibile degli incubi reciproci in schizzi di sperma destinati a un figlio che sicuramente sarebbe arrivato. Luca non voleva rendersi conto del dolore per lei e Clara, se Laura fosse rimasta incinta: a lui interessavano la soddisfazione dell’istinto e il compiacimento di un’amante giovane e affascinante. Perché Laura aveva sempre conquistato i suoi uomini con un erotismo sottile ma esplicito e con lo sfavillare di un’intelligenza superiore alla media. “La madre ideale per un figlio fuori dal matrimonio oltre i cinquant’anni”. Sussurrò alle pareti vuote. Mentre lei era la moglie della crescita insieme, di una figlia amatissima ma banalmente concepita dentro il matrimonio, senza acrobazie sessuali davanti al camino. Era la madre di Clara, la ragazza malata di cancro.
Luca insisteva a dire che lei non era lei, che si concentrava sul problema sbagliato nel tentativo inutile di dimenticare il cancro di Clara. Non era vero: ricordava benissimo ciò che stava accadendo a sua figlia, ma provava a mantenere la calma. E Clara era stata operata quindi il tumore non c’era più, non esisteva motivo per angosciarsi retroattivamente. Per il futuro avrebbero vissuto giorno dopo giorno. La morte di Clara era un evento impossibile, assurdo a dirsi o immaginarsi. Non poteva esistere.
Il tradimento di Luca esisteva, invece, e minacciava la serenità di tutti. Era un insulto a lei, un trauma per Clara e la rovina per la famiglia che da anni costituivano. Laura e Luca non avevano attenuanti: la relazione che per mesi avevano portato avanti era sbagliata e andava interrotta. Come ogni sotterfugio schifoso capace di distruggere una storia d’amore durata almeno venticinque anni.
Di nuovo, le immagini di suo marito e Laura le tormentarono la fantasia. Luca si sarebbe svegliato presto, come sempre, e si sarebbe avvicinato a Laura per stuzzicarla e coinvolgerla nel primo atto sessuale mattutino, quello che per lui era come bere il caffè, come la doccia appena messi i piedi fuori dal letto. Lo stesso che chiedeva a lei quando era a casa, consueto come tanti altri gesti e tutto sommato piacevole anche se aveva perso da tempo l’imprevedibilità.
-Amore svegliati.
Avrebbe detto a Laura, oppure l’avrebbe chiamata in qualche altro modo; chissà se usavano soprannomi tra loro, se nel loro linguaggio segreto esistevano tenerezze a lei sconosciute. Sperò che Luca avesse conservato almeno la dignità di evitare nomignoli o vezzeggiativi: diceva che facevano perdere il desiderio sessuale, ma erano indice di amore, quello profondo, che lega ogni istante un po’.
Il dolore al petto le fece chiudere gli occhi. Immaginarli insieme faceva male, il respiro inciampava e la gola sembrava chiudersi. Cercò una pillola sul tavolo basso accanto alla sedia e la inghiottì sperando che non le venisse mal di testa. Doveva uscire presto per andare da Clara, era sicura che suo padre si sarebbe attardato a casa dell’amante e non si sarebbe presentato prima delle dieci. “Forse lei deve andare in sala operatoria”. Avrebbe potuto aspettarla all’ingresso dell’ospedale e parlarle, di nuovo. Convincerla a lasciare stare Luca, usando qualche ricordo preso dall’analisi o parole cattive con le quali farla vomitare, ancora. Ma sarebbe stato inutile: aveva scavato dentro la sua testa per anni, sapeva che si sarebbe ostinata per il puro gusto di raccogliere una sfida. Oppure si sarebbe aggrappata al desiderio di alleviare le sofferenze di Luca, con quell’anima da crocerossina che tante volte aveva tirato fuori con gli uomini della sua vita.
Il telefono squillò in lontananza. Si alzò e scese le scale, zoppicando, le si erano addormentati i piedi.
-Pronto?
Cercò di riprendere fiato. Il dolore al petto era aumentato durante la corsa giù dalle scale.
-Signora Conti?
- Sì.
- E’ l’ospedale, sono il dottor Rivelli.
- Oddio cosa c’è?
- Signora, sono un chirurgo e la chiamo per chiederle di venire in ospedale. Sua figlia ha avuto una piccola complicazione e devo riportarla in sala operatoria.
- Quale complicazione?
- Un’emorragia. Un vaso sanguigno si è rotto e c’è una raccolta di sangue nel torace, devo operarla.
- E’ grave?
- Venga signora, devo andare in sala operatoria.
- Mio marito…
- Ho provato molte volte a rintracciarlo, ma aveva il cellulare spento.
Esitò.
-Comunque ho avvisato la dottoressa Viti, che sta arrivando.
Capì che anche quel medico sapeva. Le stava dicendo che aveva avvisato Laura, quindi anche Luca che era con lei.
“Era a casa di quella troia”. Chiuse la comunicazione senza ascoltare più niente, lanciò le pantofole in un angolo e indossò il primo paio di scarpe che riuscì a trovare. In tuta da ginnastica corse fuori e fece partire la macchina buttando la borsa sul sedile posteriore.
“Clara non morire, amore ti prego aspettami, non morire”.
Aveva lasciato sua figlia da sola in ospedale, nonostante sapesse che Luca non sarebbe ritornato a vederla. L’aveva fatto per aspettarlo a casa e avere l’ennesima prova della sua infedeltà. Sapeva che avrebbe dormito da Laura, che l’avrebbe scopata dimenticando Clara e lei e ogni umana pietà, eppure non aveva resistito alla tentazione di trascorrere la notte a casa aspettandolo per litigare. Voleva un motivo per picchiarlo, per scagliarsi contro di lui e fargli male. Aveva trascurato Clara, non aveva pensato che potesse rischiare di morire mentre era protetta dagli infermieri e dai medici della chirurgia.
Trovò il cellulare frugando a tentoni nella borsa. Compose il numero di Luca, che rispose subito.
-Lidia, dove sei?
- Dove cazzo vuoi che sia? In macchina, vado in ospedale.
- Ti ho cercata, sono già qui.
- Certo, la casa di Laura è più vicina. Non mi hai cercata, il cellulare non ha chiamate. Almeno non prendermi per il culo. Eri da lei e ti hanno trovato lì.
- Smetti, non è il momento.
- Vaffanculo Luca, crepa. Dimmi di mia figlia.
- E’ grave, amore. Dicono si sia rotta la vena, o l’arteria non ho capito, mammaria interna.
- Cosa cazzo significa?
- Che ha un’emorragia grave e la stanno operando. Laura e il suo collega stanno cercando di fermare l’emorragia in sala operatoria.
- Togli mia figlia dalle mani di quella puttana!
- Non fare l’isterica, dove sei?
- Sono al parcheggio, e non voglio che Laura la tocchi! Hai capito? Non voglio! E’ un’incapace!
- Ti vengo incontro.
Non lo sentì più. Parcheggiò nel primo spazio libero, afferrò la borsa e scese. Chiuse la portiera e si sentì afferrare alle spalle.
-Amore.
Si girò di scatto. Luca era spettinato e con la camicia parzialmente aperta. La spinse via.
-Lasciami andare. Dove è Clara?
Tentò di abbracciarla.
-Amore aspetta, è in sala operatoria. Fermati.
La tirò a sé, la testa sbatté contro il suo petto.
-Calmati, dobbiamo aspettare. Amore, respira.
La voce uscì a caso. Provò a divincolarsi bersagliandolo di pugni, gli graffiò il viso piangendo.
-Bastardo, lasciami andare, voglio mia figlia! La voglio subito brutto stronzo, non toccarmi!
Gridava e picchiava, sentì il sapore del sangue di lui quando la strinse più forte per bloccarla.
-Basta amore, basta. Shhhtt, basta.
La forza la abbandonò all’improvviso: le gambe cedettero e i muscoli sembrarono afflosciarsi. Il dolore al petto le tolse il respiro. Luca la trattenne, baciandole il viso.
-No amore, respira, va tutto bene. Andrà bene vedrai. Guardami, respira.
L’odore del suo sudore, una nebbia davanti agli occhi che non si diradava. La presa calda e feroce delle sue braccia.
-Luca.
- Amore, guardami.
- Luca.
- Sì, amore.
Clara moriva e lui continuava a chiamarla amore. Stronzo e vigliacco, convinto di darle sollievo con parole melense e con la pelle ancora impregnata degli umori di Laura. E Clara era in sala operatoria a morire. La mente si confondeva, le sue mani addosso la facevano sentire sbagliata. Di nuovo perse ogni energia, il dolore a scavarle il torace. Rischiò di cadere, sentì che la sollevava e lasciò che la portasse fino a una stanza dell’ospedale che non riconobbe.
-E’ svenuta, aiuto. Qualcuno mi aiuti, mia moglie sta male!
Qualcuno la afferrò, sentì male al braccio. Bruciava. Una luce sparata negli occhi.
-Elettrocardiogramma, subito.
Sonno, all’improvviso.
-Veloci, cazzo!
- Ha dormito?
- Non so, non ero con lei.
- Dammi quella siringa.
Lontani. Tutti. Anche Clara, che aveva bisogno di lei ma non ricordava perché. Un incidente, la macchina oppure il tennis. O la bronchite, aveva solo quattro anni e si era già beccata due polmoniti.
-Mettetela lì.
- Dottore.
- Non adesso!
- Lei è il padre di Clara Conti?
“No sono la mamma, sono io. Non il padre, lui è negli Stati Uniti con sua sorella. Si chiama Laura. Ma muore, lei, e non ritorna. Sono la mamma, mi fanno male i punti sulla pancia. Fatemi vedere mia figlia la sento piangere, l’ho portata dentro nove mesi, fatemela vedere subito”.
-Resto io con sua moglie dobbiamo portarla di sopra subito.
“Mia moglie dorme, ha partorito. Sono Luca Conti, il papà di Clara e di Laura. Mia figlia Laura è nata, ma si chiama Clara. Sto cadendo indietro, vi prego aiutatemi. Cado indietro e Clara sta piangendo. Tenetemi, cado”.
Stava andando da qualche parte. Rumore di ruote sul linoleum. Una mano sulla fronte.
-Amore coraggio, resisti.
Correvano.
Luca. O Laura. O Clara. Erano tutti lì e un bambino piccolo piangeva. Era figlio di Clara e Luca, e Laura correva.
-Luca!
Chiamava Luca, era lei. Laura. La sua voce.
“Cado indietro. Cado, Laura aiutami ti prego”.
-Cosa succede?
- E’ svenuta, sta male.
- Fatemi vedere.
- Clara, dimmi di Clara.
- E’ in terapia intensiva. Oddio, fammi vedere Lidia! Fammi parlare con lei.
- Dottoressa non la sente.
- No fammi parlare non può andare così, Luca fermali. Voglio vederla.
Terapia intensiva. I neonati andavano lì. Bisognava andare a vederla, doveva allattarla. La sua bambina doveva mangiare. Riuscì a parlare.
-Laura.
- Mi chiama, fammela vedere. Fermatevi!
- Dottoressa si sposti.
“Laura vuole parlare. Della mia bambina, Clara. Aiutala Laura, aiutala. Io cado indietro”.
-Lasciala Laura, ci sono i tuoi colleghi. Portami da Clara.
- No!
Laura, Clara, Luca. “Cado, non ce la faccio, cado”.
-Laura.
Il buio la mangiò mentre Luca usciva dalla stanza correndo.
Secondo me sei troppo ossessionata dal sesso: vedo troppi schizzi di sperma dovunque mi giro !
Scritto da: aaaa aaa ssss s | 05/03/2009 a 12:04
Che tu veda schizzi di sperma è problema tuo. Il sesso fa parte delle nostre quotidiane passioni, nevrosi, bellezze. La differenza tra me e te è che io metto il viso e la firma a ciò che dico.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 05/03/2009 a 12:12
I casi sono due. 1. Sessuofobo inibito. 2. Amante geloso. Propendo per il 2.
Scritto da: Ego | 05/03/2009 a 12:57
Amo tutto quanto è stato scritto, volete leggere qaulacosa al riguardo di molto allettante ?
Suscitare emozioni d'amore è una meravigliosa...
Desiderata
Scritto da: desiderata | 11/23/2009 a 10:30
PER "DESIDERATA"
con scuse a Mariagiovanna per l'intromissione.Ho letto anche se di fretta ciò che hai scritto sul tuo blog a proposito d'amore (?) Spero che tu abbia "voluto" ironizzare su "quel" SENTIMENTO D'AMORE perchè,quello che hai descritto è solo squallore e infinita miseria di bipede anche se vestito in "doppiopetto".L'Amore è Rispetto,Lealtà,Fiducia,Coraggio Complicità per misteriose riservatissime alchimie.Altro è pantano dove solo il fiore della vergogna postuma se non presente può nascere e germogliare in altro nuovo autentico FIORE che altri farà fiorire nutrendosi di sole e pioggia in Terra da coltivare perchè fertile e non impestata da insetti di cui non se ne conosce il nome in natura.Perdona,NON è moralismo e neppure giudizio morale il mio ma...non ho potuto fare a meno di dirti un diverso pensiero.Bianca 2007
Scritto da: Bianca 2007 | 11/23/2009 a 14:48
Concordo con la signora Bianca 2007, e, da uomo cinico e qualche volta troppo diffidente, dico che un commento lasciato qui a rilancio del proprio sito internet sta nelle umane cose ma chiederebbe più stile. Chiedo scusa a MariaGiovanna per questa intrusione, la conosco un po' e so che sorriderà benevola e dirà "Ma dai".
Scritto da: Luca | 11/23/2009 a 14:54
ma dai!
Scritto da: MariaGiovanna | 11/23/2009 a 22:59