Piangere. Non l’aveva voluto e non sentiva la colpa, erano i motivi a scatenare la sua rabbia. Se fossero state lacrime disperate per la malattia di Clara, solo per quella, avrebbe potuto accettarle senza constatare inorridita la propria fragilità. Ma in fondo alla gola c’era qualcosa che andava oltre, ed era mostruoso che esistesse. La malattia di Clara era la fine della vita, almeno di ciò che degnamente poteva definirsi vita: ci sarebbero state cure e forse mesi o anni di quiete, ma la ferita sul suo torace malamente ricostruita da un chirurgo plastico pietoso avrebbe sbattuto loro in faccia la realtà anche negli istanti di sollievo. Clara forse sarebbe morta prima di molte sue coetanee, senza un seno e con una rete e sostituire qualche pezzo di torace. Percepiva l’impossibilità di accettare la verità, come se una barriera avesse bloccato l’accesso all’intelligenza. Alla razionalità. E quel tarlo, ancora, che con Clara non c’entrava niente ma aveva la presunzione di esistere: il tradimento di Luca, la sbandata di un cinquantenne di successo, suo marito, precipitata su di lei nel momento sbagliato. A toglierle perfino l’illusione di un aiuto. “Sono qui”, l’aveva detto più volte in quelle ore. L’aveva abbracciata e baciata (aveva tentato di farlo) per dimostrarle qualcosa. Amore, forse. O pietà. O paura mista a senso di colpa e incertezza.
- Vai a riposare, resto qui con lei.
Le disse aprendo la porta della stanza. Le andò vicino.
- Amore, stai piangendo?
Le baciò gli occhi senza badare al suo tentativo di allontanarlo con il braccio teso e la testa spostata di lato.
“Certo che piango, stronzo”. Pensò senza aprire bocca.
Era certa che nella sua testa di uomo ci fossero imbarazzo e molta incomprensione. Per lui non esisteva tradimento vero: c’erano atti sessuali feroci o teneri, sporadici o abituali da distribuire senza implicazioni rilevanti per la vita di ogni giorno. L’amore non aveva un ruolo definito: era diverso negli attimi, nelle persone, nei luoghi, nelle esigenze del suo maschile egoismo.
- Lasciami stare.
- Amore, smetti di tormentarti e riposa. Devi dormire, vedrai tutto diversamente, dopo.
Indicò Clara, di nuovo assopita dopo qualche ora di veglia serena.
- Anche lei?
Le strinse la nuca con una mano.
- Dorme, deve riprendersi dall’intervento. La controllo io, vai a casa per un po’.
- Non posso.
- Sì che puoi. Resto con lei e ci sono gli infermieri, e Laura ritornerà presto a controllarla.
Laura. Il nome scatenava sensazioni, sentimenti che scardinavano le piccole certezze che provava a inventare. C’era il sollievo di affidare Clara a una donna che sapeva migliore di tanti medici che avrebbe potuto incontrare, ma anche la rabbia che le sue mani avessero distrutto il corpo perfetto dell’unica figlia che era riuscita ad avere. Laura aveva portato via il seno di Clara, anche se l’aveva fatto per guarirla. Le mani di Laura avevano guarito e spezzato, ed erano state molli e insistenti e lascive e urgenti su Luca. Sul suo viso, sul petto, sul sesso eccitato che avevano condiviso. Sapeva che il sesso tra Laura e suo marito era eccitante, violento: lo sapeva dalle sedute di psicanalisi ma anche da ciò che aveva percepito nel tempo, senza rendersi conto che l’uomo che aveva tante volte immaginato dentro Laura, sopra di lei in un letto che aveva disegnato nella mente, fosse Luca. Il nome di Laura la turbava perché era allo stesso tempo familiare e ignoto, amatissimo e detestato. Che Laura fosse l’unica speranza di salvezza per Clara era vero. Ma era anche la puttana che le stava togliendo il marito.
- Se ritorna qui Laura siamo tranquilli.
Il tono ironico le sfuggì, non totalmente voluto.
- Sei ingiusta.
Sì, lo era. Non del tutto, però. Avrebbe voluto tacere, fermare la rabbia fuori tempo e fuori luogo ma disse:
- Quando ti ha fatto l’ultimo pompino?
Il braccio di Luca la sollevò con violenza dalla sedia, trascinandola fuori. Camminò dietro di lui con il polso stretto nella sua morsa e quando raggiunsero il cortile la immobilizzò contro il muro.
- Senti, rientra in te e prova a capire le priorità. Nostra figlia ha il cancro, che mi sia scopato Laura o cento altre donne è una cosa senza importanza. Quando siamo con Clara pretendo armonia e sorriso, perfino se dorme e non può ascoltare.
Sentiva il suo alito sulla fronte, sapeva che in quelle parole esisteva una logica. Clara, solo lei era importante. La loro bambina. Eppure un’ostinazione infantile e autodistruttiva non le permetteva di liberarsi dalle immagini di Luca e Laura, e del loro tradimento.
- Non mi hai risposto. Quando ti ha fatto l’ultimo pompino?
Gli occhi di Luca si spalancarono, un dubbio comparve sul suo viso che perse un po’ della rabbia di qualche istante prima.
- Lidia, non riesco a riconoscerti. Non sei tu. Stai dicendo cose che non c’entrano con la malattia di Clara. Ti stai fissando sulla mia relazione con Laura in un momento drammatico della nostra vita. Stai spostando il problema, lo capisci?
- So che Clara sta male, non sto negando e neanche rimuovendo se è questo che temi. Voglio sapere di Laura, voglio che tu mi dica quando l’hai fatto l’ultima volta con lei.
- Ma per quale motivo? Dimmi perché vuoi saperlo.
Si staccò da lui e sedette su una panchina, i muscoli improvvisamente flaccidi e con la voglia prepotente di dormire.
- Non so Luca, non so più niente. Mi fate schifo tutti e due, anche se lotto contro l’odio che sento nascere perché capisco che dovrei dedicarmi interamente a Clara. Non posso farne a meno, ho domande e rimpianti che vengono fuori, non li combatto, non ce la faccio. Per mesi ho ascoltato Laura raccontare le vostre prodezze sessuali e il vostro amore, so perfino che le scrivi lettere appassionate, mi sembra di avervi spiato dalla serratura fino a disintegrarmi. La sua voce mi insegue e dice che dormivi da lei, che a un certo punto non avete più usato precauzioni perché vuole diventare madre, che le hai regalato un cesto enorme di tulipani al suo compleanno. Mi ha detto che la ami, che la sai tranquillizzare se di notte si sveglia di soprassalto pensando a quando suo zio la toglieva dal letto per molestarla, che la fai arrabbiare moltissimo quando non le telefoni per giorni. La sento ripetere i vostri incontri centinaia di volte. Ora voglio che sia tu a parlare, voglio sentire da te quando siete stati insieme, cosa avete fatto, cosa ti ha fatto!
Sedette accanto a lei.
- Pensi che conoscere i dettagli ti aiuti? Secondo me ti fa male e basta, come farebbe male a Laura sapere cosa faccio con te. Non ha mai saputo che io fossi tuo marito perché non le davo dettagli, niente di niente, figurati se sapesse che tu e io facciamo l’amore! E’ gelosa, insicura, la distruggerei. Non mi sono mai sognato di raccontarle cosa facevo con te. Cosa continuerò a fare, anche se lei ne sarà gelosa.
- Non provarci, Luca. Non mi consola sapere che continuerai a essere mio marito in tutti i sensi.
- Non riesco proprio a parlare con te. Allora, vuoi i dettagli?
Scosse la testa.
- Voglio sapere se sono stata io l’ultima a fare l’amore con te, oppure se l’hai fatto con lei. E voglio la verità.
- Ma che differenza fa?
- Forse non la fa per te, anzi sono sicura che tu non capisca il senso della mia domanda, ma per me ne fa tanta.
Lo guardò perdersi nei pensieri e restò ferma mentre si chinava a raccogliere un sasso da stringere tra le dita.
- Va bene, come vuoi. Temo che questo sia solo un tormento inutile, ma chiedi e ti risponderò. Poi torneremo da Clara e davanti a lei eviteremo ogni litigio, d’accordo?
- D’accordo.
- Forza, chiedi.
- Con chi hai fatto l’amore l’ultima volta?
- Con lei. Ho mentito sul giorno della partenza, sono andato via da casa e sono stato ventiquattr’ore con lei.
- Quindi l’hai fatto con me e quasi subito con lei.
- Sì.
- Quante volte?
- Non sono affari tuoi. L’abbiamo fatto, l’ho ammesso. Non farti così male.
- La ami?
- Credo di sì.
- Mi raccontava di volere un figlio.
- Lo so. Vuole un figlio.
- Allora?
- Allora cosa?
- Eri d’accordo con lei?
- Senti Lidia, questo va oltre. Non…
- Rispondi, vuoi un figlio da lei?
- Sì.
- Sei un bastardo.
- Può darsi, ma insultarmi non cambia le cose. Hai altre domande?
- Sì. Perché non mi hai lasciata?
- Perché ti amo, non ci penso proprio a lasciarti.
- Lascia lei allora.
- No Lidia, non posso farlo. Anzi, non voglio.
- Se mi ami davvero lasciala.
- Amo anche lei.
- Sei una merda di uomo.
- Forse è vero.
- E’ vero senza forse. Quindi andrai avanti con lei.
Le prese la mano e la strinse fino a farle male, poi la portò alle labbra e la baciò. La costrinse a sedersi.
- Amore, mi dispiace moltissimo che tu abbia saputo di Laura in questo modo. Credimi, soffro pensando a cosa puoi provare. Ma stai facendo un dramma dove c’è solo un tradimento, ciò che accade a centinaia di coppie che possono tranquillamente sopravvivere con un equilibrio diverso. Prima di scoprire di Laura eri serena, avevi me e sentivi il mio amore. Facevamo sesso e ridevano, e viaggiavamo insieme. Mi sentivi vicino. Non è cambiato niente!
- E’ cambiato tutto invece. Ho i racconti di Laura che mi tormentano la testa. Le vostre sodomie, il figlio che volete, le lettere che le hai scritto.
- Accidenti, smettila! Le hai sapute in analisi!
- Certo, come ho saputo che è stata molestata da bambina e ha una fissazione per l’incesto.
La fissò.
- E’ un colpo basso, Lidia. Cosa vuoi dire?
- Da bambina è stata molestata per anni. Non lo sapevi?
- Certo che no. Non sono il suo terapeuta.
- Caso classico, molestia e successiva violenza in famiglia. Ecco perché è tanto disinibita. Come pensi che starà quando si renderà conto che tu, lei, io abbiamo sfiorato l’incesto visto il suo rapporto con me?
Lo guardò buttare lontano il sasso che teneva in mano. Si alzò e la guardò con odio.
- Non voglio sapere queste cose, non ti riconosco. Sei cattiva, a me non ha mai raccontato niente del genere e non voglio conoscere cose che ha confidato a te. Laura è una donna forte e sensuale, cazzo. La sua insicurezza è compensata benissimo.
- E gli incubi? Quelli che la svegliano quasi ogni notte?
- Non voglio sentire niente. Smetti!
- Non vuoi sentire perché hai capito tutto. La molestavano di notte, quando era bambina la violentavano e nessuno l’ha aiutata. Ti ha mai presentato la sua famiglia? Scommetto di no. E’ cresciuta con gli zii, poi con i nonni, poi di nuovo con gli zii; la portavano via dal suo letto e lei non riesce a dormire nemmeno da adulta, ha paura che succeda ancora. Si addormenta e rivive quei momenti, quindi si sveglia. Lo sai benissimo, Luca! Dorme bene con te perché si sente sicura, ma è una donna fragile e traumatizzata. E’ una donna che copre la violenza che ha subito con la rabbia, l’aggressività, una carriera sfolgorante e tanti amanti nel proprio passato. Che madre vuoi che sia, una donna così? Che compagna può essere?
- Taci! Ti stai comportando come una cretina! Parli con amore e odio di una donna che hai seguito per anni, mi racconti i suoi traumi e vuoi dimostrarmi che non potrà mai essere una buona compagna. La proteggi e la distruggi nello stesso momento. Smetti! Non otterrai niente, non mi importa se è stata violentata o se ti stai inventando tutto. Il nostro non è mai stato incesto, non sapevo fosse tua paziente e lei non immaginava che io fossi tuo marito, ti proibisco di raccontarmi altre cose!
Sorrise.
- Fa male, vero?
- Sì, fa male. Vederti così fa molto male.
- Non questo. Fa male che io ti dica che stai abusando di una donna che non ha mai imparato cosa sia l’amore.
- Stronza! L’amore lo sta imparando da me.
- Certo, dimenticavo. Vi amate. Quando la scopi pensi a come sto io?
Prima di rispondere chiuse gli occhi e respirò più volte, per calmarsi.
- Senti, Lidia. Ci ho pensato molte volte. Lo sai. Sei un’analista e conosci la mente umana come la conosco io. Ho pensato a te, penso a te e ti amo, non cambia niente. La mia relazione con Laura è diversa dal rapporto con te.
- Il sesso è migliore, vero? Perché è più giovane e disinibita, e non è in menopausa.
- Smetti con le stronzate! Stai degenerando, basta!
Scattò in piedi.
- Lasciala, bastardo! Lasciala subito! Ti odio!
Sentì il peso del suo sguardo.
- Avevo ragione. La donna che ho davanti non sei tu. Non riesci a capire.
- Cosa dovrei capire?
- Che nostra figlia rischia di morire, Lidia, e tu sei fissata sulla mia relazione con Laura. La mia storia con lei continuerà e puoi raccontarmi tutte le stronzate che vuoi, ma credimi, in questo momento non mi importa niente di niente. Penso a Clara, solo a lei, il resto andrà come deve andare. Abbiamo una figlia con il cancro, spero per te e per lei che te ne renderai conto in fretta.
Le si avvicinò e le baciò la fronte, le asciugò le lacrime e rientrò in fretta in ospedale. E lei si chiese perché non riuscisse a muoversi per seguirlo.
C'è sempre qualcosa di magnetico nel modo di scrivere di Maria Giovanna, che ti costringe ad andare avanti. C'è un equilibrio raro nella frase, che da tanti anni non mi capitava di trovare negli autori italiani.
Ma al di là dello stile, nelle sue storie si vede l'animo di chi ogni giorno sfiora il dolore, che pervade la vita delle persone che cerca di aiutare, respirandolo come materia densa per tradurlo in sensazioni palpabili.
Per fare un buon scrittore, infatti, ci vogliono tanti ingredienti e ognuno deve essere dosato nella maniera adeguata. Lo stile e la tecnica devono sommarsi alla capacità di inventare storie, di creare ambientazioni e personaggi, all'abilità di intecciare i fili in una tela che catturi il lettore e lo costringa ad andare avanti.
Solo pochissimi ci riescono. Maria Giovanna è tra questi, e sono persuaso che nel futuro c'è un posto prenotato per lei nella storia della letteratura italiana.
Scritto da: Fabio C. | 04/02/2009 a 12:16
E CI SONO PERVERSIONI
e ci sono intrecci perversi e ci sono storie di umana miseria e tanto sesso perverso nato e cresciuto da oniriche acque inquinate o insanguinate alla sorgente.E tu MariaGiovanna le sai raccontare con la crudità di una realtà (perversa) che non vuole assoluzione alcuna neppure per esorcizzare fantasmi e offese di dolore mai veramente cosumato,mai veramente essiccato.E qui è veramente banale lasciarti un "brava" con un saluto e un bacio portato sull'ala di un gabbiano che vuole sopravviversi alla noia di un viaggio incollandosi a dei colori in fuga.Bianca 2007
Scritto da: BIANCA 2007 | 04/03/2009 a 17:58
La scrittura non conosce assoluzione, Bianca. Un bacio alato nel sole a te.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 04/03/2009 a 19:19