Capitolo 13 - LUCA, epilogo
Ho cercato di capire. Di leggere la mente delle donne che hanno riempito la mia esistenza fino alla morte di Lidia. L’ho fatto nelle notti sugli aerei, nei viaggi che ho diviso con Carla e con le altre donne (giovani, meno giovani, non importa: nel tempo ho scoperto che ogni donna ha un fascino particolare, e l’età non è che dettaglio da registrare nella mente per poi dimenticarsene come inessenziale) che amano la mia compagnia. Laura non viaggia molto con me: nostro figlio, il nostro Riccardo chiede tempo e attenzioni, e Clara ultimamente è peggiorata. Per un certo periodo ho sperato che potesse salvarsi, poi il tumore è ritornato e i giorni si sono trasformati in un gocciolamento di speranze deluse. So che morirà, e so anche che Laura non trova ancora il coraggio di dirmelo. Pensa che creda alle bugie sulla chemioterapia, sull’ipertermia e sugli interventi che ogni volta tolgono un pezzo di mia figlia per allungarle l’agonia. Pensa che non voglia vedere la verità, ed è convinta che nei suoi confronti abbia gratitudine e un affetto un po’ stanco. Non è vero. Credo di amarla, ma l’amore non è lo stesso che si aspettava da me. Vedo il suo coraggio, la sofferenza e lo sforzo che sta facendo per improvvisarsi madre e moglie. Vedo che mi tiene dentro e fuori dalla nostra famiglia, e quando sono dentro rende tutto soffice e accogliente, qualche volta erotico e imprevedibile, quando sono fuori affronta da sola la morte quotidiana di Clara e i capricci di bambino di Riccardo.
Mi crede cieco, come mi ha sempre creduto cieco Lidia. Invece vedo, vedevo mesi e anni fa. Vedevo l’amore, e credo di averlo provato. Lo sento quando stringo Laura di notte con meno passione e nel silenzio obbligato, con la culla di Riccardo nella stanza accanto e il bip della pompa della morfina di Clara da controllare. Lo sento quando la sua gelosia traspare dalle lacrime che manda giù, e finge di credere che sarò solo nei miei viaggi che durano giorni o settimane. Lo sento quando non telefono, le nego anche un breve SMS perché mi sembra di soffocare e non voglio farle vedere che penso a lei, e non mi fa notare niente, e se le chiedo come sta risponde “Bene, e tu?”. Lo sento, lo sentivo con Lidia, ogni giorno della sua vita e della sua morte. Ma non sono stato capace di dirlo.
Ho scritto la storia di Clara, di Lidia e anche di Laura. Mi sono fermato quando dal quadro è uscita Lidia, strappandomi il cuore. So cosa ha pensato Laura, cosa pensa anche oggi di me. Crede che abbia sostituito Lidia con lei, crede che non la ami sul serio. Eppure mi ama, ostinata. Come la amo io, senza saperlo dire.
Destino dell’uomo è che le donne dicano che non può capire. Forse è vero. Ma leggendo le mie povere pagine forse il dubbio riuscirà a sfiorare anche voi: in realtà ho capito tutto, e se ho finto di non vedere è stato solo perché ho mandato avanti la vita. Per me, per i miei figli e anche per mia moglie. Per la donna che ho sposato e che per me ha rinunciato a essere se stessa. Per Laura, la bambina molestata che aveva paura dell’incesto.
Giò, era ora!!!! Era un po' che aspettavo! Proprio un bel racconto, ma è una crudeltà scrivere una puntata ogni tanto.
Scritto da: Roby | 05/21/2009 a 10:14
Giovanna. Meraviglioso. Grazie.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 05/21/2009 a 12:57
Grazie! Per errore però hai pubblicato il tuo commento con il mio nome... Non mi faccio i complimenti da sola!
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 05/21/2009 a 19:10
EPILOGO
di un umano tragico destino e,come avrebbe detto Ariele a Calibano:"Tutto da molto tempo fu deciso,entrambi ne sappiamo la ragione,possiamo,ahimè,predire,quando le nostre falsità venissero divise,cosa diventeremmo mai,un evanescente brusio...Io" Bianca 2007
Scritto da: BIANCA 2007 | 05/22/2009 a 09:41
Cara Maria Giovanna, coltiva sempre il tuo talento...
Scritto da: Gianluca | 07/31/2009 a 13:17
alla fine è venuta fuori la realtà del protagonista, che dice che ha sempre amato ma non ha saputo esprimerlo, condicendo ciò che le persone da lui amate, pensassero dela sua vita, di un tipo che amava essere amato, e amodo suo riamava. Ma è sicuro di non essere stato capace, di infondere fiducia, anzi di dare sempre adito di non essere affidabile per chi gli era vicino, ma a dirla alla freud il primo ad aver constatato il tutto è proprio il protagonista, Ringrazio lo scrittore di avermi messo a disposizione il suo racconto.
Scritto da: Luigi | 03/04/2010 a 18:20
grazie, Luigi!
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 03/04/2010 a 19:06