In questa casa fa un caldo cane. Chissà poi perché i cani, poveretti, debbano accollarsi le disgrazie dell'umanità: porco cane, figlio d'un cane, mi fa un male cane. Cose così. I cani mi piacciono perché hanno empatia vera, gli umani no (allora perché noi ci chiamiamo umani? Troppo difficile per me, lascio agli intelligenti la risposta). Conosco un cane che si chiama René Magritte: è un barboncino bianco riccioluto che si siede paziente ad aspettare quando, nell'androne, mi fermo a chiacchierare con C., la sua mamma umana. Magritte scodinzola, ti guarda, se si rompe le scatole di te va verso l'ascensore della metà della casa dove abiti e te lo indica. "Vai, per favore, così posso uscire per la passeggiata". Ecco, Magritte non merita che chiami il caldo di casa mia un "caldo cane", per esempio, come non lo meritano in media quasi tutti i cani che mi vengono in mente. Di fatto, la casa è senza aria condizionata. Almeno per ora. L'impianto c'è, i telecomandi anche, ma un quid fondamentale che è il potenziamento dell'impianto elettrico sembra richiedere un approfonditissimo studio randomizzato in doppio cieco, uno di quelli che per vent'anni ti impediscono di sapere se stai prendendo l'acqua oppure un farmaco salvavita. Forse arriverà il tecnico e scoprirò che potenzieranno l'impianto a metà popolazione che ne fa richiesta, all'altra metà faranno solo finta, e tutti comunque ci illuderemo. Beati.
Il primo giorno in questa casa è stato l'ingresso del nuovo nella mia esistenza. Abituata alla freddezza milanese (Milano periferia sud) e brianzola (si sa, prendo i natali dalla Brianza operosa con i soldi sotto il materasso), ormai rassegnata a conoscere i miei vicini solo per il colore della porta d'ingresso di casa loro e neanche per il cognome, mi sono trovata in una famigliona che parla con la C aspirata (tutta o quasi; c'è qualcuno che arriva da Venezia, da Napoli o giù di lì) e che, in men che non si dica, ha letto i miei libri, li ha commentati, raccontati al salumaio, al farmacista e al tizio del ristorante sotto l'arco. Qualcuno mi ha lasciato una lettera sotto la porta. E ho incontrato tutti, più o meno: so chi è scapolo e chi no (ho cortesemente decinato l'invito di un vicino a propormi come possibile moglie del più incallito degli scapoli, a questo proposito: siamo già a posto, grazie), so l'età e la provenienza, ho capito il giudizio sugli assenti (sono quelli con la porta costosa e lucida, pulitissima e senza graffi). Saluto chi incontro e rallento per chiacchierare. Come succede con C., che ha settant'anni e porta a spasso Magritte e ha letto e commentato non solo i miei romanzi, ma anche le fiabe che ho scritto. E C., proprio lei, è entrata per magia nella lettura di oggi, davanti alla bistecca al sangue nel ristorante sotto l'arco. Leggevo (ri-leggevo, direi meglio), sull'onda della serata allo Strega, "Occhi sulla graticola" di Tiziano Scarpa, e ridevo da sola sotto lo sguardo impietosito di un gruppo di giapponesi (che puntualmente mangiavano lasagne con il cappuccino): uno dei pezzi forti del libro è l'erezione aurorale, me la porto dietro da un sacco di tempo e quando ho incontrato Scarpa a Parma, all'evento Guanda di martedì scorso, ho trattenuto a stento la tentazione di stringergli la mano e dirgli "Tu sei quello dell'erezione aurorale". Decisamente, a un finalista favoritissimo dello Strega ci si deve presentare diversamente: sommessi e ignoranti. Ignorante calza a pennello per me, sommessa forse meno, ma ci ho provato. E credo di esserci riuscita. Non ho menzionato l'erezione aurorale (trattenendomi a stento: il vero genio salta fuori quando lo stile partorisce ironia indimenticabile) e ne vado fiera, anche se dovrebbe essere lui ad andare fiero di trovate come questa. Insomma, ero al ristorante da sola e ridevo dell'erezione aurorale, unendo alla risata pensieri lubrichi (citazione da Guccini) e apprezzamenti a mezza voce di questo fenomeno fisiologico che, da donna, ho imparato ad amare in modo particolare. Andando più in là, sentendomi anche un po' banalotta nella mia fantasia impura, ho tentato di scendere nel profondo della scrittura come faccio quando recensisco per Mangialibri oppure quando leggo e commento margine, per i fatti miei. Mi ha aiutata la mia amica Mirka (Bianca, frequentatrice di questo ameno blog). Ha risposto a un mio sms e ha detto che invidia e non invidia la mia indipendenza, e anche la mia solitudine. Stile, premio Strega, solitudine, indipendenza: il mix c'era tutto per passare dalla voglia di erezione aurorale a considerazioni sull'esistenza. E lì è saltata fuori C., che quando ha letto i miei libri ha chiesto: "Ma non saranno mica autobiografici". Ho risposto di no, come faccio sempre, tanto la gente non ci crede e io faccio quello che mi pare. Mi espongo al giudizio consapevolmente, non cambia che dica che una cosa è vera e l'altra no. E' la scrittura che crea la verità, non il contrario. Insomma. Quando C. mi ha chiesto se i miei libri fossero autobiografici ho pensato: "Solito commento, nei romanzi racconto tragedie e lei si chiede se abbia vissuto quei drammi". Invece C., con i suoi occhi verdi bellissimi e i capelli candidi di feroce passione per i rebus (finché non li risolve tutti ci sta sopra e non molla), è andata avanti imperterrita: "Perché sai, tu non sei tutta lì. Si vede subito che sei complessa e piena di personalità diverse". Ho avuto la tentazione di baciarla, di spettinarla tutta con un abbraccio. Finalmente, ho pensato, una persona che mi guarda sul serio. Perché è raro che succeda. Ci si ferma a un pezzo, sempre, e si trascurano gli altri. Ci fa comodo così, e ultimamente ho molteplici esempi di questo fermarsi. MG Luini scrive amore e tormento, e sesso. Talvolta fiabe. Quindi MG Luini è una donna che non sa ridere e soffre per amori sbagliati, scopa come un riccio (anche qui ce la prendiamo con gli animali: siamo certi che i ricci scopino sempre? Se sì, beati loro) e non si sposta dall'autobiografia. Che non ho mai amato, figuriamoci se inizio a usarla per scrivere. Colpa mia, credo. Espongo le personalità che riesco nei momenti possibili. Quando per le scale trovo una C. con Matisse, che capisce che dentro di me c'è l'infedele, imprevedibile, romanticissima bestia che in effetti c'è, mi offro anche volontaria per controllarle gli esami del sangue, e tengo a mente i suoi malanni per poterla curare se me lo chiede. Perché C. è impagabile, con quegli occhi verdi che guardano più in là.
In questa casa ho me e ho Adriana. Chi sia Adriana è lungo da spiegare, comunque è morta nel 1996 ed era pittrice. Suo fratello scriveva libri, grandissimi libri. In questa casa c'è lei, come non vi sto a spiegare. Mi accoglie quando arrivo, mi consola quando piango, ride con me se mi diverto. E mi guarda da un autoritratto in blu. Le racconto cose varie, anche quelle che non dico ad altri, tanto ascolta e capisce e forse le ha già viste. Ha visto che in questa settimana ho vissuto esperienze belle, divertenti, uniche, autolimitanti e drammatiche. Ha visto che mi sono presa e lasciata da sola, qualche volta. Ha visto le mani degli amici e dei nemici, e dei cretini. E mani spuntate dal nulla, destinate nel nulla a ritornare, che sono state fantastiche. Qua e là.
Questa casa è calda, almeno finché lo studio randomizzato in doppio cieco sul riscaldamento non darà risultati attendibili. Un caldo cane, come Matisse. Ma c'è C., in carne e ossa, e c'è Adriana, in palpabile anima. E c'è la storia di questa casa, che nessuno può rubarmi. Ci sono i libri che leggo provando a non ostentare kultura, ci sono i miei manoscritti. Ci sono le MG Luini varie, Giovanna Maria Gatti all'anagrafe, che tentano di vivere.
Voilà.
Basterebbe che pubblicassi il tuo curriculum professionale accanto ai romanzi, ecco il segreto di MG mille volti. Infedele e anarchica, in assoluto, e rigorosissima con se stessa.
Scritto da: Ego | 07/03/2009 a 17:48
duplice, quindi
non saprei, ne vedo di più
o solo una, piena di schegge
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 07/03/2009 a 18:02
Mg che scopa come un riccio (ma la posizione del riccio quale sara'? Non ha riconoscimento nei sacri testi erotici), questo pezzo acchiappa assai. Ma si sapra' prima o poi dove sei, se stai più di due giorni ferma o no? A quando un ulteriore romanzo? Interpreto il desiderio dei tuoi lettori e chiedo. La casa della pittrice deve essere molto bella
Scritto da: Ego | 07/03/2009 a 23:46
MAH!
Scritto bene e volutamente intrigato,eppure anche se ho riso per alcune immagini cane-pensieri lubrichi- "riccio" (emannaggiaaegochegoduriosamentsepuntasemprelì)eppure mi ha toccato il cuore anche di tanta tristezza.Le moltiplicazioni di identità sono sempre reazioni a una disgregazione vissuta come dolore,come angoscia,come inadattabilità alla vita.E ricordo molto bene un tale quando mi diceva:"Io sento perfettamente,con tutta la coscienza del mio corpo,di essere il bambino triste che la vita ha malmenato.Mi hanno messo in un canto da dove sento altri che giocano.Tengo tra le mani il giocattolo rotto che mi hanno regalato per un'ironia di latta" e questo non mi fa ridere.Un abbraccio forte,cara.Mirka
P.S.E te,EGO,nun far lo straffottente,sa? Conosco molto bene pulcinella e Collodi
Scritto da: BIANCA 2007 | 07/04/2009 a 08:24
Nei tuoi libri, che ho letto più volte, c'è una mariagiovanna che è un bellissimo caleidoscopio di emozioni.
Un abbraccio, Sandra
Scritto da: Sandra | 07/04/2009 a 17:14
Quali sono i miei peccati, Bianca? Sandra, caleidoscopio molto sensuale mi permetto di chiosare
Scritto da: Ego | 07/05/2009 a 15:06
Secondo me siamo tutte piene di personalita diverse, magari potessimo tirarle fuori tutte senza essere giudicate, osservate, additate! Il problema e' che qui, in questa societa', ci permettono solo di essere quel tanto che basta per essere utili...il meglio di noi forse possiamo manifestarlo leggendolo in qualche pagina di qualche libro che ci riflette come un vestito tagliato su misura!
La scrittura e la lettura, non sono forse questo?
Scritto da: Carla | 07/05/2009 a 17:51
La pressione della società si fa sentire ed e' amplificata da come una donna la affronta. Credo che Carla abbia individuato il cuore del discorso di MG, che qui dice "sbirciate un attimo oltre, più in profondità". L'artista decide di ignorare quindi reggere la pressione della società e MG regge la consapevolezza di essere anche un medico di alto livello, esposto mediaticamente grazie agli incarichi importanti. Tanto più merito alla libertà che vieppiù manifesta, svincolandosi da "ciò che dovrebbe essere". Mi pare che abbia deciso di essere, e basta. La lettura offre ristoro e svago, identificazione: per questo, credo, MG piace molto alle donne. Le sue storie possono essere le storie di tutte le donne. E il sesso, anche. Cio' che mi aspetto e' una libertà sempre maggiore, un lasciare andare i freni per creare senza limiti
Scritto da: Ego | 07/05/2009 a 18:11
Purtroppo anche a me è capitato di scrivere i miei racconti (sono una sconosciutissima scribacchina), con un po' di magia e erotismo, e alla fine gli amici che li hanno letti mi hanno detto "ma non sarai mica te vero? sennò sei strana eh?", eppure li leggono avidamente, li vedi con gli occhi, che divorano le mie righe, li vedi... e infatti il bello della scrittura è che posso inventare di essere qualsiasi personaggio, zingara, assassinata, assassinata, ballerina di lap dance, gay, persona normalissima e banale, pirata e non essere nessuno di questi, ma divertirmi ad esserlo. Ma vedi, ti chiedono sempre, alla fine, se sei tu. Ciao, Sandra
Scritto da: Sandra Mazzinghi | 07/05/2009 a 21:05
Cara Sandra, tu scrivi. Ho letto tuoi racconti e uno è anche in questo blog. Scrivi bene. Sei scrittrice. La definizione di scribacchina non calza, la prendo come un giocoso scherzo livornese.
Scrivere, facendosi leggere, è consegnarsi al giudizio altrui. E' inevitabile che questo giudizio ricada spesso sullo scrittore e non solo sulle sue opere. Si accetta che accada, anche se a volte ci si rende conto che la verità dovrebbe essere che la scrittura esiste, lo scrittore no. Lo scrittore è strumento. Comunque. Scrivere erotismo (ho qualche racconto erotico pubblicato qua e là) è complicato perché il sesso in sé è ripetitivo e banale. E devi rendere il pathos, l'intrigo, l'eccitazione oppure il rifiuto. A me piace molto scrivere l'eros. E sinceramente, che si dica che sono io quella che agisce l'eros e non si limita a scriverlo è solo un effetto secondario. Neanche spiacevole in fondo.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 07/05/2009 a 21:35
E' un Ego molto intrigante, che sia l'io nascosto di tutte noi?
:-)
Scritto da: Carla | 07/06/2009 a 09:26
Fu soprannominato ego da me, nei tempi che furono. Una sorta di gioco un po' cattivo. E' cambiato, nel tempo. Comunque oggi il soprannome, mutato totalmente e con accezione positiva, sta bene lo stesso: conosce l'ego e l'io e l'es, conosce la psicologia.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 07/06/2009 a 09:34
Bello questo pezzo
Scritto da: Luca | 07/06/2009 a 12:11
Forse, Mariagiovanna, è il pudore che non mi fa dire che sono una scrittrice, e non è uno gioco livornese. Anzi, proprio da vera livornese che sa correre sugli scogli anche con l'erba scivolosa e sa scrivere anche in vernacolo, ti dico che ho pudore, proprio in una città, la mia, dove tutti si ritengono artisti, ma artisti seri, mica così all'acqua di rose... Se uno va in motorino in un certo modo quello crede di essere un'artista, se quello ha il corpo più tatuato di quello accanto quello è più artista, se uno beve senza toccare il vetro della bottiglia quello è artista... ma a garganella come si dice qui quello poi è il più artista, l'artista più ganzo di tutti...
E forse è per questo che non dico che sono scrittrice, perchè trovi sempre qualcuno che ha ricopiato un quadro di Modigliani e pensa di essere la reincarnazione del grande Amedeo... anzi no, ma che dico la reincarnazione, di essere più geniale di lui...
Forse il mio è un volere uscire dal coro, come c'è scritto sulla bottiglia di Chinotto fresco che ho qui alla mia destra. Invece te, cara scrittrice, lo poi dì davvero 'he sei scrittrice, perchè un sei mia di Livorno... e lo poi dì anche bello forte... boia de
(il de rigorosamente senza acca!)
Un saluto dal mio mare stupendo. Sandra
Scritto da: Sandra Mazzinghi | 07/06/2009 a 17:56
Sono ego, dice MG. E ha ragione
Scritto da: Ego | 07/06/2009 a 20:51
I particolari sono la vita della letteratura, ha osservato una volta Jack Kerouac e, nella tua narrativa ,sono i particolari a dar vita ai personaggi .Bianca dice "...moltiplicazioni di identità... " e tu " o solo una, piena di schegge" ,ma io penso la penso come Carver : " un autore non è i propri personaggi, piuttosto sono i personaggi a essere l'autore."
Con stima
Maryline
Scritto da: Maryline | 07/07/2009 a 00:13
Profondamente vero, Maryline.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 07/07/2009 a 15:42
EGO,
"quali sono i tuoi peccati" ovvio quelli che ancora non sei riuscito a fare se non con voluptas d'immaginazione!
MARYLINE,come non potremmo essere d'accordo anche su questo? In fondo gli eroi moderni sono questi.Nell'ammettere con semplicità tutte queste sfaccettature di personalità in identità di calura.Bianca 2007
Scritto da: BIANCA 2007 | 07/07/2009 a 19:49
Ho riletto stanotte "Una storia ai delfini", non solo la protagonista, ma anche il suo dolore ha infinite sfaccettature. Un dolore soffocante, assurdo, incredibile, sordo, silenzioso, urlato, soffocato...
Sandra
Scritto da: Sandra Mazzinghi | 07/07/2009 a 20:17
L'altra sera ero a Parma, per un film documentario di Francesco Barilli su Giovannino Guareschi, con un reading molto emozionante di Haber. Al termine del film ho camminato da sola nelle vie della città, e l'emozione era talmente forte da fondere insieme, in modo indistinguibile, felicità e dolore. La felicità per l'esperienza appena vissuta ha dato l'avvio al dolore per altri pensieri, altre cose di vita non ancora sopiti: il dolore ha ballato con la gioia, ed è stato incredibile. Non esisteva confine.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 07/08/2009 a 12:34