A volte il dolore deve tacere. Me lo dice un amico il cui nome non importa, adesso. Importa a me e non a voi, intendo. Dice, questo amico dalla voce che sussurra pacata e rende le ore brillanti di serenità, che il grumo denso del dolore può scavare buchi nell'anima oppure costruire rifugi: i buchi non sempre si riparano, ma possono essere meno oscuri se si apre la bocca e si fa uscire la voce, oppure si stringono le dita a pugno per colpire qualsiasi volto, oggetto, vetro arrivi davanti agli occhi. Non è così con i rifugi, costruzioni di legno grezzo solide e protettive che non lasciano filtrare aria, nascoste nei boschi e circondate da animali mansueti e sorridenti: se il dolore li costruisce è meglio lasciare che accada, e mettersi a dormire nel soppalco caldo con le finestre appena socchiuse aspettando che faccia meno male. Tacendo a tutti il male che si sente, non cercando aiuto o spiegazioni.
Mi succede spesso di ascoltare quell'amico, nei giorni intrisi di luce e gioia, e dolore segreto. Mi succede quando non voglio accettare ciò che sta capitando. Mi siedo, rilasso i muscoli contratti, abbandono in un angolo i pensieri e lascio che parli. Lo fa con un sorriso e molti baci leggeri sul mio viso immobile: racconta di sè e del passato, prevede il futuro come una fattucchiera calva, si agita al margine del divano per suscitare qualche risata non prevista. E dice. Dice che quando si ama è sempre possibile recuperare un senso, basta che si voglia davvero. Dice che il passato è nella mente di amante e amato, e se le fondamenta sono buone non saranno i temporali a tirare giù il castello. Dice, soprattutto, che le grida sguaiate di rabbia, i pugni lanciati a fendere l'assenza non sono altro che dolore. E dolore. E dolore.
- Piano, fai piano. Una parola per volta, te la racconto io la verità che vuoi. La accetterai insieme a me, sarà facile. Ma non fermarti, non chiederti perché. E' successo e basta, e per la tua vita è molto meglio così. Piano, fai piano. Non ti ho mai vista soffrire così: è la tua bellezza che ti si rivolta contro, la passionalità che resiste a ciò che invece va guardato fisso e archiviato in un cassetto. Sfogala qui, ci sono io, e lasciala indietro.Sussurra mentre mi prende tra le braccia e mi fa dimenticare chi sono. Con la punta della lingua beve le poche lacrime che il muro di cemento in fondo alla mia gola lascia passare, con le mani cerca il mio piacere e il suo, piano oppure con forza, in silenzio oppure con mille gemiti che mi perdono. E parla, dopo. Ancora.
- Ciò che non capisco è il motivo, sai, il motivo che ha spinto i suoi gesti. E' il modo, che ferisce me perché ha distrutto te. Ma deve esserci, quel motivo che non vediamo, e se diamo per scontato che esista possiamo accettarlo. Il resto, tutto il resto, sai, si accetta di conseguenza. Basta capire che l'amore sa trasformarsi, e il dolore evapora come un profumo leggero che dopo un attimo sai di avere sentito ma non hai più nel naso.
Forse è vero. Le sue mani hanno raccolto i pezzi del mio corpo, della mia anima, quando nemmeno io sapevo più metterli insieme: li ha riuniti nel palmo, guardati con amore, e ha provato a costruire una persona diversa. Ha riso, con quella voce pacata che sembra arrivare da un giardino di ortensie fiorite, ha scherzato sulla mia forza e sulla caparbietà che manda avanti i miei passi. Ha visto la follia, il nucleo imponderabile ed eterno di me, la noia che soffoca i respiri nei giorni in cui vorrei scappare, e la paura, anche, quella paura che abita l'infanzia e credevo di avere sciolto tra le braccia solide di chi mi ha abbandonato.
- Non ti rendi conto, non lo vedi. Sei fuoco e acqua insieme, una valanga che si stacca e trascina a valle, poi schizza di nuovo sulla sommità del monte, pronta a ricominciare. Sei veramente un animale, lo sai. Faccio fatica io, come avrebbe potuto reggerti lui?
Ha detto con i denti che battevano un tic tac ironico e mordevano le labbra, togliendomi i vestiti. Ha sussurrato parole d'amore eterne e volatili al mio orecchio così vicino alla sua bellissima bocca sottile, al corpo ferito e irrequieto preso dal suo.
- Passa e se ne va. Lo sai, anche il dolore se ne va. Lo vedi? Si allontana.
L'ha ripetuto nelle notti di sciabordio dell'acqua sotto le finestre, nel telefono gracchiante dei suoi viaggi in mille angoli di mondo, nelle lettere con la grafia minuta che lascia nella mia borsa quando me ne vado.
- Chissà se ritornerai.
E non ci crede, lo capisco dallo sguardo. Sa che mi vedrà ritornare. Deve solo aprire la mano e darmi l'illusione della fuga, lasciare che i piedi camminino ore e ore nelle città diverse che scelgo per il mio non esserci. Prepara la mia valigia e la riempie di fogli, penne blu accatastate in astucci di gomma, libri comprati a mercatini che solo lui conosce; mi accompagna alla stazione e, qualche volta, sale sullo stesso treno per scendere alla stazione successiva. Perché il distacco non faccia male. Ride con me, spesso.
- Come si fa a lasciarti? I tuoi umori durano un'ora al massimo, poi sei il sole di cui ho bisogno. Che stupido l'uomo che ti ha fatto male, che sciocco e miope groviglio di dolore.
Dolore. Lo chiama così. Chiama dolore l'uomo che non ha mai visto. Scuote la testa quando ci sono novità, quando lo cerco per dirgli che qualcosa (non) è accaduto.
- Stupido, stupido uomo. E anche tu, che te la prendi per il niente e strappi la serenità in nome di una rabbia che non esiste. Sciocchi, tutti e due.
Sussurra, oppure mi difende, lascia andare discorsi di lealtà e rispetto, sputa su gesti da ricco che non condivide e su assenze ignobili che non ho meritato. Ma ride ancora, dopo. E cerca il mio corpo e lo riempie di sè, lavando la mia memoria e restituendo la vita a un presente che non saprei (vorrei) cambiare.
- Perché mi ami, sai, come ti amo io. Devi solo abbandonare l'abitudine a un'idea. Devi lasciare che l'ultimo pezzo piccolo del dolore che senti sfoghi la sua rabbia nel silenzio, lontano dai suggerimenti delle amiche e dalla voce inutile di chi ha scelto un'altra strada. Non ti serve più, l'uomo-dolore è superfluo e dannoso, e non saprebbe stare dietro alla donna feroce, mutevole, profonda e intrigante che ha contribuito a risvegliare. E' scappato perché sapeva, ha visto la creatura che lui stesso ha creato e l'ha temuta, ha cercato una donna che gli fosse ombra e non luce perché è di questo che ha sempre vissuto. Ma perdonalo, ora, perché l'amore che vedo nei suoi occhi dipinti da te non può morire per i latrati da cani randagi che vi buttate addosso agli angoli di strada. Perdona chi hai amato, perdona chi ami ancora di un amore diverso. E taci.Taci, dolore. E' questo che vuole il mio amico. E' questo che l'anima dilaniata ma sana urla alle pareti spoglie della stanza dove scrivo. Taci. E la marea sciolta e vecchia di un pensiero che non serve si esaurisce in qualche altra onda, perché così è scritto. Perché l'abitudine è più lunga di un amore già morto.
Il dolore deve tacere. Lo dice il mio amico. Lo dice l'amore nuovo di un corpo che è l'unico che voglio conoscere.
Molto poetico. Simbolico. Brava! Bellissimo ritratto d'uomo vero che assolve un uomo probabilmente falso perso nel passato, e si fa amare.
Scritto da: GF | 10/06/2009 a 18:37
Meraviglioso pezzo d'amore, finalmente. Ricorda che l'amore guarda avanti, sempre.
Scritto da: Just me | 10/06/2009 a 20:15
Mi dispiace per la morte della tua amica
Scritto da: Just me | 10/06/2009 a 21:29
Sempre più la narrazione di MGiovanna si caratterizza per la capacità di inchiodare il lettore davanti alla propria coscienza a chiedersi il vero significato della parola amore...
Scritto da: Gian Paolo Grattarola | 10/06/2009 a 22:39
A VOLTE IL DOLORE "DEVE" TACERE.
Il dolore è come la luce.Può accecare o infastidire o rendere ambigua l'intenzione morale di chi si trova coinvolto nella profondità dell'Esperienza di un'altra persona senza essere penetrato dall'Amore che AMA incondizionatamente senza che i dubbi sfiorino la stessa profondità di un dolore percepito.Per Amare così bisogna essere più forti del dolore sino a portare il dolore all'altra sua sponda.L'ENERGIA CHE COSTRUISCE e, che,dopo gli inevitabili vari passaggi diventa GIOIA.Gioia di creazione Gioia di gratitudine che trapasserà confini e oltre mescolandosi all'unica fonte che l'ha portata alle origini.Il dolore per soppravviversi "pretende" l'invenzione per riprodurre quel dolore nato dal caso e spesso senza il concorso della nostra volontà e la CURA non può venire che da un'attenta conoscenza fatta di mille tentativi ed espedienti esplorando si, ma solo mossi dall'Amore che pur tacendo vuole amare per ESPANDERE concentrando il tutto in addivenire a un solo punto di convergenza con un lamento prima trattenuto dal pudore,Silenzio d'abbraccio poi senza "finzione d'estetica" ma solo di opposti conciliati in un'unica scansione che ha per Terra e Cielo una ritrovata innocenza senza possibilità di distinzione.
Trovo inedito e nuovo per cammini fortemente lavorati,questa racconto, BELLISSIMO,Mariagiovanna.Di una maturità fatta con la coscienza d'amare nell'umile gesto che si fa scrittura,GRAZIE,Ti abbraccio.Mirka
Scritto da: BIANCA 2007 | 10/07/2009 a 08:28
Meraviglioso
Scritto da: Lorenza Caravelli | 10/07/2009 a 12:05
Ma perché dovrebbe tacere? Ho visto persone soffrire dannatamente per amore, da straziarsi, e la causa spesso non è solo la perdita dell'amato (amata) ma il modo con cui si è stati lasciati. E allora via libera alla vendetta, che qualcuno abbia il coraggio di dirlo! Come osa la persona che ho amato essere felice a spese del mio pianto, dopo che se ne è andata senza darmi spiegazioni, senza trovare il coraggio di fissare i miei occhi in nome dell'affetto che abbiamo condiviso? Mi avesse accarezzato il viso quando mi ha lasciato!
No, il dolore dovrebbe tacere solo se è utile a chi soffre, ma ho visto dolori che non potevano tacere. E basta con la retorica del buonismo che non serve a nessuno.
Meraviglioso racconto, amore allo stato puro. Brava MG.
Scritto da: Luca | 10/07/2009 a 12:19
Stupendo! Ma se c'è un amico così, chi se ne frega di chi è andato via!
Scritto da: Lauretta | 10/07/2009 a 15:37