
Francesco Giubilei è una mia vecchia conoscenza. Vecchia si fa per dire (nel suo caso), perché credo sia il più giovane editore italiano! Il manoscritto di “Diario di melassa” è stato scritto proprio per Francesco: è un dono, una dimostrazione di stima e fiducia dopo anni di lavoro insieme. Da anni infatti collaboro con la rivista letteraria Historica come responsabile della sezione racconti: lo dico con orgoglio perché Historica nel tempo si è confermata un investimento culturale vincente, di ottimo livello e con distribuzione sempre maggiore. Su Historica si trovano firme di scrittori eccellenti, e il merito è della tenacia e della credibilità del suo direttore. Francesco mi ha colpita subito per l’intraprendenza e la giovane età: sono molto felice quando incontro un giovane pieno di entusiasmo e buone idee, è la dimostrazione che la nostra cultura italiana è in grado di formare persone che tirano fuori la grinta (e il sapere) in età molto precoci, senza invidiare alcunché a persone più adulte. Detesto il disfattismo e la sfiducia a priori: la prima decisione, quella dell’inizio del mio rapporto con Historica, è stata raccogliere una sfida. C’era un giovanissimo direttore che mi chiedeva di aiutarlo a tirare su una rivista letteraria online (successivamente è diventata anche cartacea): ci ho pensato al massimo cinque secondi e ho detto sì, impegnandomi per dare alla rivista racconti degni dei lettori, che meritano sempre la massima qualità e l’attenzione a ciò che ricevono. Devi sapere che non riesco a resistere al fascino delle sfide, questo a volte mi crea qualche problema come accade spesso a chi si butta a capofitto nelle imprese difficili, ma con Francesco invece la scelta è stata positiva anche a lungo termine. Quando c’è stata la svolta, cioè la creazione della casa editrice, ho apprezzato i libri che ho visto pubblicare e deciso di scrivere qualcosa per contribuire allo sviluppo della bellissima idea di Francesco. “Diario di melassa”, lo dico anche nelle premesse del libro, è un regalo a lui.
2-Collaboratrice, e ora autrice di questo romanzo. Presentiamolo ai lettori.
Aiuto! Una cosa che proprio non so fare è descrivere i miei libri. Alle presentazioni spero sempre che i relatori lo facciano al posto mio: una mia spiegazione della trama ha sempre risultati incomprensibili. Pensa che quando scrivo le sinossi dei miei romanzi sudo e impiego il doppio del tempo rispetto alla scrittura di uno o due racconti! Comunque ci provo. Marcella, la protagonista, si rifugia in un piccolo e triste appartamento di periferia per scrivere un pezzo della propria vita: racconta l’infanzia, i pensieri, i traumi e la violenza, ma anche i sogni e gli amori delle età più adulte. Lascia andare la testa (e le mani) e scrive, scrive, scrive, saltando qua e là e raccogliendo dentro di sé ricordi e rielaborazioni, per tirare tutti i fili che secondo lei pendono dal soffitto e che l’hanno creata esattamente come è. Infila la vita recente nel mezzo di racconti del passato prossimo e remoto, trova connessioni che forse prima non ha mai visto. Si parla di disturbo alimentare (lei ne ha sofferto a lungo), di pedofilia, ma anche di rinascita, di relazioni d’amore, di famiglia. Insomma, tutto ciò che ha popolato la vita di Marcella fino al momento della scrittura, in un diario che è più cronaca d’anima che reale biografia.
3-Ma ora dimmi, com'è nato questo tuo nuovo romanzo, qual è stata la spinta? In esso c'è qualcosa dei tuoi precedenti successi (Una storia ai delfini e Le parole del buio, Creativa Editrice)?
No. Ogni storia è separata dalle precedenti. Lucia (“Una storia ai delfini”) e Silvia (“Le parole del buio”) non sono Marcella, né potrebbero esserlo: certo, scrivono, hanno tratti del carattere tra loro simili, ma sono nate in tempi diversi e hanno avuto vite e sviluppo profondamente differenti. La spinta, come ti dicevo prima, è stata la voglia di creare qualcosa per Francesco Giubilei: mi sono messa al computer, ho cercato il vuoto e il silenzio e la storia è saltata fuori da sola.
“Diario di melassa” ha alcune peculiarità. La prima è che per un po’ di tempo questo sarà l’ultimo romanzo breve (o racconto lungo? Non so la differenza e francamente non mi interessa): le prossime storie saranno più lunghe e avranno la visione di più protagonisti, uomini e donne (“Diario di melassa” è denso di nomi ma il punto di vista è unico, quello di Marcella, è la sua voce che risuona nel piccolo appartamento di periferia). La seconda peculiarità è che alcune parti sono vicine alla mia vita: non è autobiografia perché l’autobiografia vera non esiste e perché non mi interessa scriverne, però per esempio la descrizione (forse brutale) del binge eating disorder, il disturbo alimentare che affliggeva Marcella in gioventù, è il racconto molto sofferto di ciò che è capitato a me. In questo senso ho voluto tirare fuori, facendomi anche molto male, parti buie della mia vita per scriverle e condividerle, per allontanarle da me.
E’ la prima volta che davvero infilo parti di Giovanna Gatti in una storia scritta da MariaGiovanna Luini. Questo non significa che la storia sia la mia: non è così. Però qua e là ci sono io, soprattutto nel tormento e nella profonda sofferenza di una malattia psichica che per anni neanche la psichiatria ha voluto riconoscere: si poteva essere anoressiche oppure bulimiche, e allora si era capite, compatite, forse aiutate, ma se si aveva questo “binge eating disorder” cioè si mangiava in modo forsennato, pazzo, malato e si ingrassava a dismisura si era solo golose e incapaci di controllarsi. Ho vissuto un dramma, ho raggiunto dimensioni fisiche abnormi soffrendo moltissimo e ricevendo commenti sprezzanti, ironici, pieni di incomprensione: il più frequente era “Una donna intelligente e colta come te come può ridursi così?”. In effetti l’apparenza era questa: non avevo problemi di rilievo (ma sarà stato poi vero?), il mio livello culturale era compatibile con un ottimo controllo di me e del mio peso corporeo, avevo tutti gli strumenti per essere in piena forma fisica. Eppure non ce la facevo. Bene (male, anzi), a un certo punto gli psichiatri hanno detto “Ragazzi, ci siamo accorti che anche questa è una malattia!”. E improvvisamente chi come me annaspava in solitudine, umiliata per un’obesità che non sapeva frenare e senza l’eterea dignità delle anoressiche o delle bulimiche (non mi fraintendere: provo empatia profonda per chiunque soffra di disturbo alimentare, a prescindere dal tipo di malattia, però credimi se ti dico che l’obesità rende il mondo spietato nei confronti di chi ne soffre), ha trovato una via. Ha trovato la cura. Sono stata curata da uno psichiatra, il dottor Cesare Casati, e da una psicoterapeuta, Marilù Vinci, che sono nei ringraziamenti. E’ stata durissima ma ce l’ho fatta, e se proprio devo trovare un senso che vada oltre per questa breve storia è questo: se si accetta che un disturbo possa derivare da un problema psicologico pesante, complesso, si riesce a chiedere aiuto e a guarire. Come è capitato a me. Anticipo già alcuni commenti di persone amiche: “Ma perché hai voluto raccontare questo aspetto doloroso del passato?”: rispondo adesso e non ci ritorno sopra, lo faccio perché ne ho bisogno, per allontanare da me un problema che ho risolto, ma anche per dire a tante donne che se ne esce, si può guarire.
4-Chi sono i personaggi di Diario di Melassa?
Marcella e il suo universo: genitori, amici, fratelli, cugina, mariti (sì, più mariti), amanti. E un uomo che non avrebbe mai dovuto incontrare nell’infanzia. Ma soprattutto il disturbo alimentare, la violenza e la rinascita.
5-I tuoi due romanzi precedenti, che ho citati in parentesi nella terza domanda, erano storie dove l'introspezione interiore, la paura ma anche la felicità di voltare pagina, la solitudine e il conseguente vuoto che essa va creare attorno alle protagoniste erano i temi portanti. Qual è il fulcro di Diario di melassa?
Ops, mi sa che ti ho già risposto prima. O l’ho fatto in parte. Ci sono molti altri aspetti. La solitudine è argomento eterno delle mie storie: si è soli sempre, anche quando tutto sembra andare per il verso giusto e sei pieno di amici e amori e persone che ti danno e ricevono con un sorriso. Di fronte e te stesso, di fronte ad alcuni traumi nascosti nel profondo, di fronte alla malattia, al tradimento, alla violenza sei solo. Sempre.
Le donne, in particolare, soffrono di una solitudine atavica che sembra quasi scritta nel DNA. Sono sole anche quando hanno marito, fratelli, amici, genitori, amanti, figli. Forse perché hanno aspettative e modi di amare profondamente diversi rispetto agli uomini. Danno se stesse per il bene altrui, dimenticano di essere la priorità e rendono gli altri priorità assoluta. E vengono tradite, inevitabilmente.
In “Dario di melassa” Marcella tratteggia profili di uomini che ha amato o ama, e qua e là racconta aneddoti di abbandoni o tradimenti ricevuti: questo non significa che voglia avere ragione e le figure maschili siano negative a priori, ma che in quanto donna abbia la tendenza a dare la massima importanza ai rapporti con gli altri, regalando fiducia che molte volte viene stracciata e buttata via senza alcuna considerazione. Succede spesso: ami qualcuno e ti fidi, quindi decidi che quella persona non sarà mai il tuo carnefice, non potrà mai abbandonarti e, se lo farà, userà parole e comportamenti attenti a farti meno male possibile. Ho dovuto arrivare a trentanove anni per capire che non è così. Sento storie tristissime, in parte le ho vissute in prima persona: la donna è vulnerabile e sola più degli uomini quando si tratta di amore (o amicizia), riveste l’altro di aspettative che non sono altro che la proiezione dei propri bisogni, dando per scontato che dei suoi “buchi”, della sua storia passata si tenga conto per non ferirla. Invece no, non è mai così, ed è ora che ci si renda conto di questo.
Un esempio che è solo un modo per dare concretezza a ciò che dico: esistono donne traumatizzate dall’abbandono nell’infanzia, queste donne di solito vivono l’amore o l’amicizia con il tallone d’Achille molto evidente dell’abbandono silenzioso. Ne conosco una, in particolare, che aveva stretto con l’uomo che amava un patto di lealtà: il patto avrebbe dovuto essere reciproco, e lei aveva chiesto che quando fosse giunto l’abbandono l’uomo le spiegasse ciò che accadeva senza sparire nel nulla. La promessa c’era stata, e ovviamente l’uomo, tempo dopo, la abbandonò sparendo quasi nel nulla (se si fa eccezione per un paio di sms adolescenziali che spiegavano niente). Ebbene, ho raccolto il dolore di questa donna e l’ho trasformato in storie, in piccoli frammenti dei miei romanzi non perché ritenessi che la ragione stesse solo dalla sua parte (un cinquanta per cento è sempre ragionevole, secondo me), ma perché mi colpiva l’insensatezza dell’abbandono silenzioso. Tra adulti non dovrebbe essere così.
Mi parli di rinascita, e allora sì, affrontiamo anche questo argomento. Nelle mie storie di solito c’è, ed è una rinascita affidata esclusivamente alle forze personali dei protagonisti. Si soffre da soli ma si rinasce anche da soli, ed è la più bella vittoria in assoluto. Perché dai traumi si esce, e a volte si riesce anche a ridere della propria sofferenza passata (non sempre, è ovvio: dipende da ciò che è accaduto). Abbiamo dentro le risorse che servono per fare due cose: la prima, uscire dal dolore e lasciarlo indietro, vivendoci dentro per un po’ poi dismettendolo come un vestito che non ci appartiene più; la seconda, fare tesoro degli errori e del dolore per essere migliori, sempre migliori. Potrei farti decine di esempi, ma scommetto che non c’è bisogno: tutti abbiamo avuto e avremo un carico di dolore, tutti sappiamo come ci si possa sentire a terra, privi di voglia di andare avanti (perfino di respirare), ma sappiamo anche che si può guarire. Come dal disturbo alimentare, come dall’abbandono: si guarisce e si respira, si riempiono di aria i polmoni e si ama meglio, si ride meglio, si vive meglio.
La migliore lezione ce l’ho dalle donne che seguo come senologa: anche quando la malattia non guarisce sanno reagire, trovare motivi per parlare, vivere, afferrare l’esistenza a piene mani e portarmela perché anche io ne possa condividere la bellezza. Si vive, e finché c’è vita c’è possibilità di ripresa.
Qualche tempo fa, in un momento veramente triste, una mia “paziente” (detesto questo termine) mi ha vista un po’ giù e mi ha mandato via email un’intervista che io stessa avevo rilasciato sul dolore. Mi ha incitato a rileggerla: IO dicevo che si esce, si reagisce, si diventa più forti e migliori, IO cercavo di trasmettere speranza e reazioni positive. Beh, grazie a quella donna perché aveva proprio ragione ha usato le mie stesse parole per dirmi che dentro avevo la forza. E la forza è arrivata.
6-I colori che predominano nella copertina di questo romanzo sono il blu e il bianco. Essi sono stati un caso, oppure una scelta ben oculata da parte tua e dell'editore?
Sacha Naspini è un genio! La fotografia di copertina, tengo a dirlo, è opera di Alberto Luini, mio marito: è direttore della Divisione di Senologia di IEO, ma fa fotografie meravigliose, anche negli altri romanzi era lui l’artista delle foto di copertina, e Sacha Naspini ha fatto il resto. Ha creato una copertina che mi ha lasciata a bocca aperta, ne sono felicissima. Meraviglioso.
7-Comporre un romanzo è ogni volta un'esperienza di scrittura diversa. Quanto e come ti ha impegnata scrivere Diario di melassa, e cosa hai provato al termine della stesura definifitiva?
E’ stata durissima. La storia è uscita in un paio di mesi, ma quando ho descritto la violenza infantile, il dolore e il disturbo alimentare ho sofferto da pazzi. Ritornavo a casa da IEO (Istituto Europeo di Oncologia, dove lavoro come senologa) e mi mettevo al computer fino a notte, senza rendermi conto del tempo. Scrivevo, scrivevo e scrivevo senza fermarmi, a volte piangendo altre volte sentendo in fondo alla gola un pugno che non se ne andava. Ma avevo bisogno di farlo, non solo per quella parte della storia che aveva a che fare con me (è una minima parte, in realtà), soprattutto perché gli eventi, i personaggi premevano per vivere e parlare. Dovevo andare fino in fondo. Poi per la rilettura mi sono chiusa a Firenze, nella mia casa “segreta”, e ho lavorato dimenticandomi tutto il resto finché ho sentito che il manoscritto era pronto.
8-Progetti in campo, anticipazioni esclusive per il Mushroom's Blog? ;-)
Sto scrivendo una storia molto più lunga delle precedenti. Pedofilia, incesto, apparenza, politica e falso/vero combinati insieme. Si capisce niente detto così, mi rendo conto, ma non parlo dei manoscritti in fieri. Un altro manoscritto è da un editore: mi consenti un po’ di scaramanzia? Giuro che sarai il secondo dopo di me a sapere come andrà. Per ora posso dire che è piaciuto, ma la strada è lunga.
Posso dirti che “Diario di melassa” sarà presentato all’Era dei Libri di Pontedera il 4 ottobre, e ne sono felice: gli organizzatori de L’Era dei Libri sono amici, persone che per me hanno fatto tantissimo e non dimenticherò mai. Marina Sarchi, Valentina Filidei, Michele Quirici: li voglio citare insieme al mio editore di Creativa Gianluca Ferrara perché hanno dato vita alle mie storie con le presentazioni, la discussione, lo scambio di pareri e affetto. L’Era dei Libri ha visto la mia prima presentazione in assoluto quando è uscito “Una storia ai delfini”, quindi ora lancerà “Diario di melassa”: è giusto e bello così.
Grazie a Marco Mazzanti di Mushroom's Blog
Il commento di Ebe Mirka Bonomi a "Diario di melassa":
CARA MARIAGIOVANNA,
ieri
sera il vicino mi ha consegnato il tuo terzo romanzo (?) "Diario di
Melassa.Anche se tardissimo l'ho letto in un respira-butta fuori
l'aria.Brava! Oltre a un'evidente evoluzione stilistica,affronti temi
importantissimi su cui riflettere.Hai trovato il giusto distacco per
guardarli in faccia con criticità e umana pietas.E non ti è mancato il
coraggio per ammettere realtà colpevoli per superficiale responsabilità
voluta o restata a metà del cammino per oscuri meccanismi di difesa (?)
o di demoni mai veramente visti e tenuti a bada.Un grande impatto
emotivo è ciò a cui io sono stata avvolta prima di addormentarmi
(finalmente) appagata dall'ammirazione per te e per una Donna che ha
trovato la fierezza della DIGNITA' che non sbraita ma dice.Auguri.Con
"questo" aiuterai molte/i a uscire dal guscio e a NON avere paura di
dire attraverso l'elaborazione difficile e dura del dolore trovando il
"nuovo" pieno di sè l'orgoglio per non essersi arresi.Ti
abbraccio.Mirka Bonomi
Molto bella l'intervista e anche la copertina che avevo visto di sfuggita su facebook forse.
Ci vediamo a Pontedera allora! Ho letto che L'Era dei Libri è un festival che dura dal 1 al 4 ottobre, esatto? Tu sarai presente tutti i giorni?
Grazie di cuore
Silvia
Scritto da: silvia | 09/22/2009 a 07:48
Ciao, grazie per il commento.
Sì quelli saranno i giorni di fesitval, sarò là il più possibile ma dovrò conciliare anche un altro impegno molto importante altrove.
Comunque, presenterò il libro di Marianna Iandolo alle 16 di domenica 4 ottobre e, subito dopo, alle 17, avrò il mio incontro con il pubblico insieme a Eliana Liotta (direttore di OK Salute).
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 09/22/2009 a 08:33
Un'ulteriore occasione di incontro sarà il Pisa BookFestival, domenica 11 ottobre alle 11.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 09/22/2009 a 08:36
Ciao Venexiana. Anima profonda e indicibile forza condite di ironia che traspare, questa l'impressione globale dall'intervista.
Scritto da: Just me | 09/22/2009 a 08:55
COMPLIMENTI,
Mariagiovanna.Hai saputo tenere testa egregiamente a un "non facile" e anche questo è salita.Ti abbraccio.Mirka
Scritto da: BIANCA 2007 | 09/22/2009 a 14:15
Ma quanta sofferenza e quanta forza ci vogliono per lottare contro un disturbo alimentare (e non solo) poi mettersi a nudo e lasciarsi giudicare dai lettori? Vorrei che chi con tanta facilita' ha usato parole e silenzi con te leggesse questa intervista e si vergognasse almeno un po', invidiandoti per la tua superiorità interiore e intellettuale
Scritto da: Just me | 09/22/2009 a 20:51
Just me, non credo che guardare il passato sia utile. Il passato ci costruisce ma non serve più. Importa solo il presente, e, se siamo fortunati, il futuro.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 09/23/2009 a 11:15
Commosso.
Scritto da: GF | 09/23/2009 a 13:19
Urka.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 09/24/2009 a 10:13