Impresa difficile, questa recensione passionale. Che recensione non è, ma un commento lungo a voce alta, con il sapore del libro ancora sulla lingua.
"La vita, non il mondo" è l'opera edita più recente di Tiziano Scarpa, impossibile da sintetizzare in una trama. Perché non ha trama, in effetti: potrei dirvi che il titolo è tutto, un condensato di significati diversi e il senso delle pagine brevi, ciascuna con mille caratteri al massimo, che affrontano fulminei oppure lenti, musicali o cacofonici, emozioni, esperienze, incontri, riflessioni e amori di un autore che per la prima volta vediamo quasi nudo. Fermi, conosco l'obiezione: l'abbiamo visto nudo tante di quelle volte... E qui sta una delle sorprese più grandi: il percorso dei capitoli che si inseguono rapidi con una scrittura che in qualche momento mi ha commossa di piacere quasi fisico racconta Tiziano Scarpa adulto, con la testa (calva) aliena rispetto a pochi, pochissimi anni fa. All'improvviso, la profondità che abbiamo sempre sospettato esistesse ma che si tingeva dei colori più assurdi con le invenzioni roboanti dell'esagerazione, del sesso, della risata sarcastica sull'amore, ci si svela facile, evidente. E ci lascia increduli. Non dobbiamo più intuire e sentirci più intelligenti della media per capire che Tiziano sa amare e praticare la fedeltà, riconoscere l'incanto e gioire di ogni banale istante della vita: lo possiamo quasi toccare, in questo libro, quando si ferma a osservare il cadavere di un uccellino e lo mette poi sotto terra in giardino "per proteggerlo con un po' di silenzio", non abbiamo bisogno di immaginare che abbracci la sua compagna e si commuova per un istante, schiacciato dal'amore, non siamo più costretti a sentirci pazzi nel vederlo intenerito di fronte all'ingenua verità dei bambini o a una pagnotta tagliata a metà che è il simbolo più bieco (più tenero) della stupidità degli innamorati. A proposito di questa pagnotta, andate a leggere la parte che la riguarda: ho ricordato la raccolta di racconti "Amore" e sono stata incerta se ridere o piangere; non voglio, non posso descrivervi qualcosa che va gustato nel silenzio, ma la stupidità di tutti noi, presi dall'amore, salta la barriera dell'ironia e diventa poesia.
Sfogliamo e accarezziamo pagine che non hanno più lo strappo esagerato della provocazione, riusciamo a intuire che l'anno di nascita dell'autore (1963), e la consapevolezza di ciò che adesso un pubblico molto vasto si aspetta da lui, hanno creato l'inevitabile, meraviglioso mostro dell'uomo fedele, che parzialmente (bisogna dirlo) rinnega la sprezzante libertà che tutti grazie a lui abbiamo sognato. Tiziano ci ha illusi a lungo, adesso ci spiega che prima o poi si cambia. E riesce a convincerci, nonostante il piccolo, ineliminabile dubbio che dietro il mio orecchio destro sussurra che forse la mano un po' pesante sulla melassa vada a beneficio degli occhi della compagna. Ma evitiamo i gineprai. Mi sono fermata spesso, durante la lettura: ho resistito alla tentazione di sottolineare con la matita grossa le meraviglie, se l'avessi fatto avrei riempito di sottolineature il libro, ma ho anche riso e scosso la testa a intervalli regolari, incerta se rimpiangere la libertà che credevo assoluta in un uomo senza dubbio superiore a tanti altri oppure commuovermi per la bellezza dell'impasto arte-scrittura-amore-casa-resa. Resa, sì, la resa di chiunque, prima o poi. La resa di Scarpa, anche.
Ci fa un regalo, Tiziano: ci lascia guardare nella sua vita. Ci permette di seguirlo nei viaggi e nell'incanto dell'arte e della musica, condivide con noi lo stupore per i neuroni che assomigliano a anemoni e non ce la fa a scandalizzarci con uno dei suoi classici refrain: perfino quando si lascia andare all'autocitazione del passato e descrive il sesso con la sua compagna che ha le mestruazioni la smorfia divertita sorge solo a metà. Perché c'è amore, anche lì, e non sappiamo se dire "Sei invecchiato" oppure "Finalmente".
Che libro, ragazzi. Non trascrivo qui i pezzi di bravura, andare a comprare il libro perché non può mancare in casa vostra, ma la scrittura è superiore a... Non voglio dirlo, è superiore a tanti altri libri che ho amato. Da estasi, in qualche momento.
Mettiamola così: se la caduta dell'eroe libero e romanticamente selvaggio un po' mi toglie il respiro, la scrittura mi incanta. E dirò in chiusura ciò che io stessa ho inventato quando recensivo per Mangialibri, e ho riservato a pochissimi (Massimiliano Parente prima di tutti). Tiziano, chapeau.
"La vita, non il mondo" è l'opera edita più recente di Tiziano Scarpa, impossibile da sintetizzare in una trama. Perché non ha trama, in effetti: potrei dirvi che il titolo è tutto, un condensato di significati diversi e il senso delle pagine brevi, ciascuna con mille caratteri al massimo, che affrontano fulminei oppure lenti, musicali o cacofonici, emozioni, esperienze, incontri, riflessioni e amori di un autore che per la prima volta vediamo quasi nudo. Fermi, conosco l'obiezione: l'abbiamo visto nudo tante di quelle volte... E qui sta una delle sorprese più grandi: il percorso dei capitoli che si inseguono rapidi con una scrittura che in qualche momento mi ha commossa di piacere quasi fisico racconta Tiziano Scarpa adulto, con la testa (calva) aliena rispetto a pochi, pochissimi anni fa. All'improvviso, la profondità che abbiamo sempre sospettato esistesse ma che si tingeva dei colori più assurdi con le invenzioni roboanti dell'esagerazione, del sesso, della risata sarcastica sull'amore, ci si svela facile, evidente. E ci lascia increduli. Non dobbiamo più intuire e sentirci più intelligenti della media per capire che Tiziano sa amare e praticare la fedeltà, riconoscere l'incanto e gioire di ogni banale istante della vita: lo possiamo quasi toccare, in questo libro, quando si ferma a osservare il cadavere di un uccellino e lo mette poi sotto terra in giardino "per proteggerlo con un po' di silenzio", non abbiamo bisogno di immaginare che abbracci la sua compagna e si commuova per un istante, schiacciato dal'amore, non siamo più costretti a sentirci pazzi nel vederlo intenerito di fronte all'ingenua verità dei bambini o a una pagnotta tagliata a metà che è il simbolo più bieco (più tenero) della stupidità degli innamorati. A proposito di questa pagnotta, andate a leggere la parte che la riguarda: ho ricordato la raccolta di racconti "Amore" e sono stata incerta se ridere o piangere; non voglio, non posso descrivervi qualcosa che va gustato nel silenzio, ma la stupidità di tutti noi, presi dall'amore, salta la barriera dell'ironia e diventa poesia.
Sfogliamo e accarezziamo pagine che non hanno più lo strappo esagerato della provocazione, riusciamo a intuire che l'anno di nascita dell'autore (1963), e la consapevolezza di ciò che adesso un pubblico molto vasto si aspetta da lui, hanno creato l'inevitabile, meraviglioso mostro dell'uomo fedele, che parzialmente (bisogna dirlo) rinnega la sprezzante libertà che tutti grazie a lui abbiamo sognato. Tiziano ci ha illusi a lungo, adesso ci spiega che prima o poi si cambia. E riesce a convincerci, nonostante il piccolo, ineliminabile dubbio che dietro il mio orecchio destro sussurra che forse la mano un po' pesante sulla melassa vada a beneficio degli occhi della compagna. Ma evitiamo i gineprai. Mi sono fermata spesso, durante la lettura: ho resistito alla tentazione di sottolineare con la matita grossa le meraviglie, se l'avessi fatto avrei riempito di sottolineature il libro, ma ho anche riso e scosso la testa a intervalli regolari, incerta se rimpiangere la libertà che credevo assoluta in un uomo senza dubbio superiore a tanti altri oppure commuovermi per la bellezza dell'impasto arte-scrittura-amore-casa-resa. Resa, sì, la resa di chiunque, prima o poi. La resa di Scarpa, anche.
Ci fa un regalo, Tiziano: ci lascia guardare nella sua vita. Ci permette di seguirlo nei viaggi e nell'incanto dell'arte e della musica, condivide con noi lo stupore per i neuroni che assomigliano a anemoni e non ce la fa a scandalizzarci con uno dei suoi classici refrain: perfino quando si lascia andare all'autocitazione del passato e descrive il sesso con la sua compagna che ha le mestruazioni la smorfia divertita sorge solo a metà. Perché c'è amore, anche lì, e non sappiamo se dire "Sei invecchiato" oppure "Finalmente".
Che libro, ragazzi. Non trascrivo qui i pezzi di bravura, andare a comprare il libro perché non può mancare in casa vostra, ma la scrittura è superiore a... Non voglio dirlo, è superiore a tanti altri libri che ho amato. Da estasi, in qualche momento.
Mettiamola così: se la caduta dell'eroe libero e romanticamente selvaggio un po' mi toglie il respiro, la scrittura mi incanta. E dirò in chiusura ciò che io stessa ho inventato quando recensivo per Mangialibri, e ho riservato a pochissimi (Massimiliano Parente prima di tutti). Tiziano, chapeau.
Ho letto il libro, me l'hai regalato tu. Concordo con te sulla scrittura e sui guizzi geniali, ma non sono tanto tenero sull'amore. Due ipotesi: la compagna da accontentare oppure una marchetta letteraria sull'onda della scia emotiva di Stabat mater. Nulla tolgo, e' bellissimo e migliore di altri, molto. Alcuni passaggi sono indimenticabili
Scritto da: GF | 01/19/2010 a 21:12
Lo leggo senza esitare! Mi hai intrigata troppo, non ho mai letto Scarpa e Stabat M e' li che dorme in camera mia. Questo non mi sfugge! Grazie!
Scritto da: susanna | 01/19/2010 a 21:18
Susanna, troverai momenti indicibili. Porto con me il libro anche in IEO, qualche pagina, spruzzi e strappi per rientrare nella scrittura incantevole che mi ha rapita
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 01/19/2010 a 21:40
Ciao! Passo per un saluto rapido ma tornerò a leggere con attenzione il post... non mi piace commentare cose poco sentite e quando si ha fretta si finisce col farlo!
Un abbraccio...
Scritto da: Laura Rossiello | 01/20/2010 a 13:39
Ah, però. Che passione, Luini! Bellissima recensione, mi fai venire voglia di leggere anche questo libro di Scarpa (ma alla fine questo Scarpa ti riconosce un merito? Io l'ho letto tutto grazie a te!).
Scritto da: Luca | 01/20/2010 a 13:44