Sono nata mille anni fa sotto la coltre pesante di un cielo che non mi apparteneva. Non ricordo il volto dei miei genitori: qualcuno ha detto che se ne sono andati dopo poco lasciandomi sporca con la voce che gracchiava rabbia, avvolta da un telo grezzo pieno di sangue e cullata dalle braccia maldestre di un pastore che non ha saputo fare altro che crescermi.
Il pastore. Era alto e troppo magro, curvo verso il pascolo che era l'unica ragione della sua vita. Ogni sera mi sdraiavo con lui sul prato fuori dalla capanna calda che puzzava di formaggio e letame, e mi insegnava le stelle. Ha fatto il meglio, mi ha dato il cibo e l'acqua e i vestiti migliori, li faceva tagliare e cucire da una sarta del paese in fondo alla valle: mi permetteva di scegliere i colori ma decideva la foggia, il taglio scampanato e lungo che avrebbe dovuto coprirmi le gambe. Mi voleva goffa e intabarrata nelle stoffe, non permetteva che incontrassi i bambini delle poche baite accanto alla nostra. Aveva una specie di ossessione: era presto, troppo presto. Sempre presto per lasciare che la gente mi guardasse. Perché, diceva, per conoscere l'amore toccava aspettare, e non sapeva spiegarmi perché. Nessuno avrebbe dovuto guardarmi, alzare la mano sulla mia pelle di latte che non sapeva abbronzarsi o insegnarmi altro alfabeto che quello semplice della signorina Cristina, che saliva nella capanna ogni giorno pagata dal pastore una volta ogni due mesi. Dovevo restare sola e prepararmi per una vita altrove, senza le dita sporche dei montanari addosso e con la mente sgombra dal dialetto insipido dei coetanei con la pelle scura.
Insomma, sono nata come voi e cresciuta come si poteva. E un pastore mi ha nutrita. Una storia attraente per una scrittrice. Quando ho raggiunto i diciotto anni ho lasciato il pastore ai suoi pascoli e alla valle dove la sarta non cuciva più vestiti per me, l'ho baciato promettendo che sarei ritornata ricca, colta e laureata. Non mi ha più rivista. E forse, qualcuno dice, è morto maledicendo il mio nome. Ma sono ricca, colta e laureata: sarebbe contento lo stesso, credo.
L'amore mi è stato negato, l'amore è diventato l'obiettivo dei miei giorni.
Non mi interessa spiegare, sono affari che non vi riguardano, però state seduti di fronte a me con gli occhi spalancati e fingete di avere letto i miei libri, e qualcuno ha pagato perché arrivassi qui: perché negarvi il ragionamento che sorge oggi, per la prima volta, da una musica che non ascolterete mai? Vi racconto, e delle parole fate ciò che più vi piace: non le porto mai con me, le lascio andare e provo a dimenticarmi delle ore in cui non sono stata sola. Permetto a menti diverse dalla mia di costruire il mito e amarlo e odiarlo senza requie. Basta che non si ami me, il mio corpo vero. Perché quello è stato toccato da decine di mani, ma resta intabarrato sotto coltri spesse e grezze che non riuscirò più a togliere.
A volte cresci con l'idea che l'amore faccia male. Non ti rendi conto subito, lo scopri quando gli anni hanno costruito strati che soffocano e si sgretolano da soli, coperte calde ma appiccicose che, prima o poi, decidi di buttare via.
L'amore fa male. Lo sai eppure lo cerchi, ne hai più fame degli altri, forse perché ti hanno spiegato che quella cosa impastata di sesso e rabbia e desiderio è l'unico modo per avere qualcuno. L'unica via per non rimanere sola. Lo tocchi, l'amore, non riesci a cogliere i dettagli storti che gli altri invece vedono come se fossero monumenti equestri: spendi tutte le forze che hai per tenerlo, nutrirlo, farlo crescere dentro di te. Nonostante te. Poi. L'amore, il simulacro che hai voluto e strappato con i denti a occhi chiusi, va via. Perché è fatale che accada. E il rischio, dopo che l'uragano si è spento e il dolore ha lasciato il posto alla noia, è che la ricerca continui, e la consapevolezza che faccia male renda storta ogni scelta. Ogni direzione fasulla. Vai avanti e sbagli, raccogli a piene mani (se hai la fortuna di essere bella o sensuale, come dicono che io sia) sudore e sperma e frasi da incanto. E cadi, sempre.
Meno male che esistono gli anni. Meno male che esiste la musica. Questa sera, prima di raggiungervi nell'auditorium dove sedete muti e stipati come le pecore del mio pastore, ho ascoltato una musica scelta per me da qualcuno. E' capitato così: ho trovato il cd, semplice e senza i titoli scritti da qualche parte, ho sorriso (non succede spesso) e l'ho infilato in uno stereo. Per passare un po' di tempo da sola, e capire cosa mi abbia detto la persona che ha registrato le canzoni. Sono rimasta immobile in piedi, al centro di una stanza, e il volto di chi mi aveva regalato la musica sorrideva allegro davanti ai miei occhi. "Allora?", chiedeva, e io non sapevo dire. Ascoltavo ferma, con il cuore finalmente vivo. Il vestito lungo della sarta del paese è caduto ai piedi, lasciandomi nuda. E amavo, senza il sapore acido dei secoli indietro. "L'amore fa male", diceva la testa, ed era la prima volta. Ma proprio per questo, le immagini degli errori e dell'esperienza ritornavano chiare, insieme a infedeltà inutili e rincorse che mi hanno dato solo tagli profondi nell'anima. Il volto fluttuante di chi ha registrato per me questa musica, invece, era saldo e rideva. E ha scavalcato montagne di se e ma, di quando e dove. E troppi perché.
Ho ascoltato, ghiacciata di calore perfetto. Ho rivisto le valli e i pendii, e il pastore solo e vecchio che ogni giorno mi ha attesa seduto fuori dalla capanna sbucciando patate. Ho annusato il formaggio e il letame e l'odore sudato della pelle di chi ha preso il mio corpo in tutti questi anni. Ho cercato il senso nelle canzoni che mi inchiodavano al pavimento e il sorriso raro è diventato riso cantilenante di una felicità ignota.
Ho capito che potrei essere fedele a un'ombra pura come quella che ha registrato la musica per me.
Quando lo stereo si è fermato ho avuto paura: il silenzio mi ha buttato in faccia l'assenza, e le mille donne che ho visto intorno alle mani morbide e tenere di chi mi ha regalato il cd. L'ho visto profumato e gentile, circondato da amori che non saprà spezzare. Che non vorrà spezzare. La gelosia, l'insicurezza hanno creato un vento stizzoso che avrebbe dovuto riportarmi indietro, alle braccia ignote che tengo nel letto quando gli ormoni raddrizzano la voglia, e alle telefonate che lascio cadere perché non mi interessa rispondere. Ma la musica, quella musica, si era incollata in testa. E con un colpo di scure ha tagliato in mezzo la paura. "Qualunque cosa sia, questo amore forse non fa male", ho pensato senza un nesso né una logica.
- Sei pronta? Devi andare.
Lucrezia, rigida sui tacchi alti, mi ha strappata dai pensieri. Imbarazzata, ha tentato di toccarmi.
- Ehi, cosa ti succede?
L'ho spostata di lato e sono uscita dalla porta, lasciandola indietro. E adesso, adesso eccomi qui. Mi vedete seduta e ricca e colta. Strafottente e aggressiva come piace a voi. La figlia di ignoti cresciuta da un pastore firmerà i libri e stringerà le mani. Ma questa notte dormirà da sola, e farà lo stesso domani, e domani l'altro. Perché ha una musica, e un uomo da amare nel silenzio.
Ha scoperto.
Che l'amore.
Può fare male.
Ma.
Non sempre.
Durissimo ma innamorato. Si vede lo spiraglio di luce dopo anni di buio convulso. Una donna che ha paura e scopre che forse può evitare di averne. La musica è compagna della mia vita: quando voglio fermare le nevrosi mie e di altri nella testa metto su qualcosa e mi lascio andare. Mi è piaciuto il racconto, ulteriore gesto di sapiente trasformismo.
Scritto da: Luca | 02/03/2010 a 09:43
L'AMORE NON FA MAI MALE.
Quando lo fa è altro che amore anche se all'amore piace giocare di scherma e di fioretto può pungere, ben guardandosi di "anche" solo sfiorare la pelle dell'anima.
T
Scritto da: ROrovo interessante e stuzzicoso il tuo scrivere nuovo. | 02/03/2010 a 13:34
Leggo solo ora, chiedo scusa se mi intrometto magari fuori tempo, ma non sono molto d'accordo con T. L'amore tocca la pelle dell'anima, altro che guardarsi bene dal sfiorarla, e la tocca anche quando è annebbiato dai nostri inganni. Gli amori equivocati o sviliti la toccano e la sfregiano, e gli sfregi restano come un memento per imparare a distinguere. Non sempre è immediato, c'è chi ci riesce e chi non ci riesce mai, ma l'anima non è impermeabile e le ferite sono ferite. Nel bene e nel male l'amore "è" anima.
Scritto da: Lorenza Caravelli | 02/03/2010 a 21:37
LORENZA,
ciao,La "t" ero io nell'incompletezza di un pensiero mangiato dagli spam.Tengo comunque a precisare il concetto fondamentale ,ovviamente per me.L'AMORE NON FA MAI MALE! L'anima NON si "sfiora" mai per offenderla ma la si "INCIDE" per aiutarla a crescere là dove mancanze o eccessi possono creare disarmonia al rapporto di due ANIME e di due CORPI tesi al RECIPROCO bene.La FIDUCIA dev'essere totale e senza alcuna riserva,tale da potersi completamente "svestire" per affidarsi,certi che in ogni "dopo" ci si sarà solo arricchiti dei vestiti più belli e leggeri prontamente "buttati" per le nuove GIOIOSE battaglie dove vittoria e sconfitta saranno i due di una stessa medaglia.Questo è quanto io credo essere l'amore adulto-bambino-bambino-adulto.Fuoco che tranquillamente riposa in brace nascosta dalla cenere o in una mano che prolunga quella dell'altro/a.Spero d'essere riuscita ad ultimare l'incompleto anche se la "stanchezza" mi sta chiudendo gli occhi.Un bacio anche a te che Mariagiovanna lo attinge continuamente fresco.Bianca 2007
Scritto da: ROrovo interessante e stuzzicoso il tuo scrivere nuovo. | 02/03/2010 a 22:58
UE!
PERCHE' NON SALTA FUORI IL MIO NOME?...Bianca 2007
Scritto da: Bianca 2007 | 02/03/2010 a 23:07
Ciao! Un saluto veloce ma molto affettuoso e grato per questo scambio interessante. Bianca, non so cosa sia accaduto con il nome, apparentemente la prima frase del tuo primo commento è andata al posto del nome. Non so.
Un grande bacio, con l'amore che incide l'anima e la rende bella.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 02/04/2010 a 00:18