Imbarazzante. Non credevo l'avrei detto di lei. Si è alzata dal tavolo rotondo, ha sorriso alle due donne che sedevano con lei e si è voltata. Ho pensato che andasse in bagno, lì per lì non l'ho riconosciuta. Poi si è messa a camminare e il fare goffo e sensuale insieme mi ha aperto gli occhi. Improvvisamente, ho notato lo sguardo mobile e acuto, i capelli corti spettinati con un taglio costoso, la maglia infallibilmente scollata su un seno pesante che riempie le mani. Il seno, mi vergogno ma mi sono ricordato i capezzoli: le piaceva che li mordessi e torturassi, che mi ci attaccassi quando ero dentro di lei e conficcava le sue unghie nella mia schiena. E' andata avanti, due o tre passi credo, poi mi ha visto. Il sorriso di luce si è spento, lo sguardo si è perso nel vuoto verso un punto qualsiasi diverso da me.
- Hai visto chi è? Cosa fa qui?
Ha sussurrato Daniela, e ha messo la sua mano sulla mia ostentando il gesto e un sorriso che non sentiva. Per ribadire un possesso, credo, oppure per farlo vedere a Silvia. Per ricordarle che l'ho lasciata per lei. Detto tra noi, si sente inferiore e ha paura che la frequenti di nuovo per via del livello culturale così diverso: sbaglia ma non mi va di dirglielo, la paura fa bene e la tiene attaccata a me quando il mio umore gira e divento insopportabile o impotente.
- Quelle due donne. Le riconosci?
Non ho risposto, con Daniela non serve. Si fa andare bene tutto e non potrebbe capire, comunque. Ho riconosciuto le due donne, scrivono come Silvia, sono famose e molto intelligenti. Noiose come lei, per come le vedo. Eccessive, snob e rompiscatole come nessuno. Ho visto qualche intervista, ricordo di averle paragonate a lei. Sedevano allo stesso tavolo e parlavano, guardavano Silvia con l'adorazione tipica di chi la conosce e la prende come è. Perché con Silvia non esiste la mezza misura: la si ama oppure ci si perde di odio. Curioso destino, non può che suscitare adorazione oppure odio mortale. Insomma. Mi ha visto, ho visto lei. Il suo corpo più magro, senza dubbio più bello, l'espressione non più trentenne ma gradevole e erotica come la ricordavo, la camminata ondivaga come se non avesse equilibrio, e i tacchi che la slanciano ma non sa portare. Lei, Silvia. La donna che ho amato. E da qualche mese non mi ritorna in mente.
Che imbarazzo. Nei pochi metri che l'hanno trascinata al bagno ho capito che è aliena. Non assomiglia a Daniela, che è alta, magra, bionda, accondiscendente, pacata, capace di starmi accanto ogni giorno, silenziosa e poco problematica. E' bella, Daniela, molto più di Silvia. Bella.
Bella. E.
Strano, parlo della bellezza di Daniela e mi fermo. Come se non ci fosse granché da dire in più, solo che è bella. In fondo è la mia compagna, mi trovo molto meglio con lei che con Silvia. Mah, sicuramente è colpa dell'argomento: parlo di Silvia e non riesco a concentrarmi su Daniela, è fatale che accada. Ritorno a Silvia, e a quei passi stentorei a destra e sinistra, i chili in più (anche se è dimagrita e sta bene, non mi ricordo se l'ho detto), l'aria troppo pensierosa, troppo problematica, tremendamente noiosa. Non so come l'ho amata, ha travolto la mia vita in un fiume di emozioni orrende e parole, e gente che mi presentava o voleva presentarmi, e libri e manoscritti da guardare e criticare. Terribile. Eppure. La prima cosa che mi è venuta in mente è stato il sesso con lei, i capezzoli che voleva le torturassi e il resto, tutto il resto. La fame vorace e imbarazzante di piacere. Imbarazzante, appunto. Come lei. Non nego che mi piacesse averla alle cene e mostrarla alla gente più colta di me: era il mio lasciapassare, polarizzava l'attenzione come Daniela mai saprà fare, però quella personalità evidente ed esagerata è diventata un boomerang. Che fatica starle dietro, la odio retroattivamente se ci penso! In un film ho visto un vecchio intelligente abbandonato da una ragazzina stanca di vivere con un mostro di sapienza: ecco, mi sono sentito finalmente compreso. Nessuno ha il coraggio di ammettere che la gente come Silvia stanca, crea problemi, costringe a confrontarsi con se stessi, non ammette il concetto leggero di banalità quotidiana e ricchezza e scazzo. Si mostra superiore, ma chi dice che lo sia? Piccola stronza saputella sputasentenze. A proposito di scazzo, sapete cosa significa? Non credo, ma è una cosa positiva, l'ho scoperto da quando sono libero di fare quello che mi pare: mi sono lasciato crescere i capelli e li ho tinti di nero, indosso jeans e camicie stretti (anche io sono dimagrito: effetto dell'amore con Daniela, mi sento un altro uomo) e ho abbandonato le automobili noiose da padre per una fantastica Porsche su cui fatico un po' a salire (i sessanta si sentono) ma fila come il vento. Ho pensato a questo mentre Silvia trotterellava via, e l'ho trovata imbarazzante. Fuori posto. Una specie di invasione del mondo perfetto che ho finalmente riguadagnato dopo anni di compressione nelle vesti di padre e marito e uomo d'affari costretto alla serietà. Non voglio ritornare a quei tempi, son finiti. E Silvia, che mi voleva togliere ogni sogno. Come ho fatto a tenerla con me?
Che imbarazzo. L'ho visto all'improvviso, non credevo fosse seduto al tavolo grande con la gente che gridava e raccontava barzellette stupide, non l'avevo notato. Quando Claudia ha indicato il gruppo di persone e ci ha riso su non ho dedicato un istante a controllare chi fossero. Succede così, non mi interessa. Non giudico e non voglio essere giudicata, che non mi rompano le scatole. Così mi sono alzata per andare in bagno impreparata a vederlo, e probabilmente mi sarei salvata se Daniela (so che si chiama così, c'è sempre qualcuno intorno che prova l'insopprimibile bisogno di sfogare con me le proprie perplessità sulla loro storia, senza tenere conto della sovrumana indifferenza calata sull'argomento) non avesse mosso la mano per metterla sulla sua. Gesto stupido e tanto evidente da indicare chiaramente a chi fosse indirizzato. A me. La paura è brutta, tesoro, ho pensato, e avrei voluto ridere. Ero lì lì per ridere, lo confesso, senza trattenermi, ma poi gli occhi si sono aperti sul serio. Per una frazione di secondo ho dubitato, forse sperato, poi ho cercato di cancellare le immagini che si rincorrevano nel cervello. Volevo che restasse Carlo, quello per me vero, anche a costo di mangiare un po' di tenue e appassito dolore nel rivederlo: Carlo intelligente e dignitoso, curioso, intraprendente e geniale. Carlo che leggeva i miei libri e i manoscritti e li commentava a margine. Carlo che trascorreva notti ragionando con me. Carlo morto, ho dovuto dire. Perchè, per ritornare al momento, ho bevuto con le pupille attonite i capelli lunghi e tinti e il look da sessantenne in crisi di giovanilismo. La risata che avrei voluto sputare quando ho notato la mano di Daniela sulla sua si è seccata in gola. All'improvviso, ho pensato all'amore feroce, al desiderio fisico bestiale e perfetto, al dolore quando mi ha lasciato. Indossava, a quel tavolo, un paio di jeans e una camicia scura che aderiva al torace, e i capelli... Oh dio, i capelli! Ho sempre detto che rifiuto gli uomini che tingono i capelli e ho dovuto vedere - vedere, guardare, assimilare, capite? - che l'oggetto del mio passato amore e del mio desiderio fosse il fantoccio ricco e plastificato che sedeva a pochi metri da me. Ho risentito le battute cretine, le barzellette da poco, in un flash ho perfino realizzato di avere oltrepassato una Porsche parcheggiata con ostentazione davanti al ristorante. Niente contro la Porsche, chi se ne frega come spendi i tuoi soldi, ma come entri e esci da quel missile alla tua età? Con i dolori che hai e certo non sono passati, con l'età che ti ha sempre reso affascinante perché mostrata con stile. L'età sensuale e saggia, per me. Fino a quando ho il dono di ricordarlo normale. Ho un brivido cattivo e freddo al ricordo delle nostre notti, e la consapevolezza che per la prima volta l'indifferenza inevitabile del tempo che passa è diventata vergogna. Mi vergogno di vergognarmi di lui.
Imbarazzante. Sono andata in bagno e mi sono appoggiata alla porta chiusa alle mie spalle. Mi è ritornata in testa la luce dell'est, una canzone che quando mi amava ha voluto dedicarmi, e ho visto il buio. Ho capito dai suoi occhi che mi trovava brutta, stonata nel ristorante della cittadina dove è il ras, e non avrei potuto dire altro: con il senso agghiacciante dell'orrore, lo stesso valeva per me. Reciprocamente imbarazzanti, siamo solo questo adesso. Eppure, quando se n'è andato avrei immaginato ogni possibile finale, perfino l'amicizia. Ma l'imbarazzo, quello proprio no.
LEGGO CON IL PC
su un ginocchio e l'altro (ginocchio) sul predellino di un treno che sentofischiare ma qualcosa m'ha catturato e dico al lampo.L'imbarazzo è fuori discussione quando troppe sono le cose che si mescolano e l'immaginazione sfuma insieme alla "luce dell'Est".L'immaginazione non è mai le "troppe cose" ma solo fondo e alto che s'incrociano e frugano senza certezze di trovare se non la trasparenza di un sogno avvolto dalla bruma.Ciaociao anche se sono andata fuori tema.Bianca 2007
Scritto da: Bianca 2007 | 02/17/2010 a 15:05
bellissimo, grazie
Scritto da: antonella | 02/17/2010 a 15:05
La luce dell'est c'era davvero? Nella testa sognante di un'artista intelligente e di talento e in quella illusa di un ricco-povero che per un po' ha creduto di esserle all'altezza. Altroché se c'è imbarazzo. Non si fanno graduatorie di merito e cultura, si prende coscienza della differenza e non la si combatte più: già per questo ti direi brava, hai dedicato a lui tempi e linguaggi e pensieri calzanti e lo stesso hai fatto con lei. Il gioco dell'amore è, di nuovo, folle come sai descrivere solo tu: sono stati ciechi, si sono amati e desiderati senza capire che i loro mondi erano troppo distanti e diversi per rendere la coppia plausibile. Ottimo, molto brava.
Scritto da: GF | 02/17/2010 a 15:51
Sciolto, senza punte, il pacato registro di un imprevisto imbarazzo rimbalza in un ping pong ben immaginato e si conclude con la schiacciata di lei, che ha saputo mettere salutari distanze fra se stessa e quel mondo. Che questo imbarazzo inglorioso sia l'ultimo chilometro di una marcia coraggiosa? Parrebbe proprio.
Magnifico.
Scritto da: Lorenza Caravelli | 02/17/2010 a 16:47
Molto cattivo e imbarazzante da entrambe le parti, autopsia di un amore rotto male.
Scritto da: Scriptor | 02/17/2010 a 17:59
Partiamo dal presupposto che questi due si siano voluti bene. Si saranno detti ti voglio bene qualche volta nel loro passato! Ti voglio bene, non solo ti amo. Cosa ha rotto il bene? Perché si incontrano e si scrutano senza salutarsi se si sono voluti bene? Parliamo di amore e odio, parliamo di sesso, ma il bene? Possibile che muoia così? Se e' morto, chi l'ha ucciso? Mi sento retorica e antiquata, ma quando leggo le tue graffianti e spietate novelle sul non amore mi domando quanto conti essere stati insieme e avere condiviso gioia e difficoltà: ci si può lasciare e andare altrove, ma perché non mantenere l'onesta' del bene dato e ricevuto?
Scritto da: Giuli | 02/17/2010 a 19:25
Grazie a tutti per i commenti.
Giuli, non so risponderti. Oppure dovrei offrirti più risposte tra loro contrastanti. Considero il bene un assoluto e ho dovuto, a fatica, rendermi conto che muore come tanti altri sentimenti: non è più forte di altri. Lo si disintegra, si crede di poterne fare a meno e forse si può davvero farne a meno. Di fatto, non conta più. Per trattenere il nucleo di bene bisogna avere il coraggio di ammettere che esiste: bisogna tutelare questo bene rinunciando alla cattiveria e alla rabbia che travolge, e rinunciando anche a buttare via tutto in nome di altri amori. Credo che i due protagonisti di questo racconto brevissimo abbiano partecipato in misura uguale alla distruzione del bene, ciascuno con le proprie motivazioni: nessuno dei due ha più ragione dell'altro, probabilmente lei ha sofferto molto per l'abbandono ma non ha tentato di tenersi fuori dalla rabbia, e lui ha semplicemente rinunciato a tenere nella vita una donna del passato. Entrambi non sono stati capaci, o forse non ci hanno pensato finché è stato troppo tardi.
In linea di principio hai ragione, ma la vita, il concreto dell'esistenza sono più banali e imprevedibili rispetto alla razionalizzazione. Leggo il racconto ore dopo averlo scritto e scopro di pensare alcune cose che non avevo sentito: né lei né lui si sarebbero mai rinfacciati dettagli tanto volgari nella loro inutilità se si fossero fermati un istante e avessero parlato, si fossero dedicati il tempo che ogni storia di affetto, anche la più sbagliata, meriterebbe sempre.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 02/17/2010 a 19:37
ECCO I "DETTAGLI".
Le "sfumature".Lo "sciacallaggio" di quel "bene" che anch'io ho sempre pensato e creduto "assoluto" se fosse stato "bene" ma...Ed è così che si diventa "estranei" muti di tutto e stupiti per avere un giorno provato "altro".La cosa l'emozione che aveva provato a sfidare il cielo ora un'alieno su la terra e di questo alieno si prova imbarazzo perchè "non lo si conosce" e se nè ha paura.Appunto quel "frugare" nel fondo e sopra imbarazza perchè si percepisce la perdita del "senso" il solo che nè permetta l'immaginazione con la certezza del riposo tranquillo poi.Bianca 2007
Scritto da: Bianca 2007 | 02/17/2010 a 20:04
Il tono, sebbene rassegnato, rivela un dolore vivo, profondo che non sbecca tuttavia in singhiozzi o ingiurie. Più l'amore è stato intenso e meno possibilità ha il bene di sopravvivere ad esso. Io credo, anzi, che si possa continuare ad amare anche senza provare più affetto, senza un sentimento che elevi e liberi dalle scorie della passione. "Quod amantem iniuria talis/cogit amare magis, sed bene velle minus". Catullo
Scritto da: Gian Paolo Grattarola | 02/17/2010 a 21:24
Gian Paolo, se l'amore esiste ancora è da tenere nel silenzio. Se.
Sciacallaggio, Bianca, ecco tutto. E il riposo tranquillo sia di chi ha la coscienza di avere tentato tutto, oppure di chi ha rimosso.
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 02/18/2010 a 00:39
Uomo controcorrente, eccomi. L'amore resta, altrimenti e' schiacciato dalla vilta'. Resta o non c'era.
Scritto da: Scriptor | 02/18/2010 a 01:09
gabbiano a due ali
con scriptor,L'"AMORE" sopravvive al tempo ai venti e a ogni latitudine anche quando il vento l'ha portato lontano dove non sapremo mai! Ho parlato d' AMORE "altro" è altro che finisce e con MISERIA diventa polvere o fango per un pò.Un saluto agli amici a MG un bacio e sempre un'EVVIVA! Bianca 2007
Scritto da: Bianca 2007 | 02/18/2010 a 08:29
Che uno dei due protagonisti continui a volere bene si vede benissimo. Non ci si disintegra di dispiacere e imbarazzo per il decadimento fisico e mentale di un sessantenne in andropausa se non lo si ama, se non si vuole il suo bene.
Scritto da: GF | 02/18/2010 a 09:10
amore, amore, amore
si parla così tanto di amore dopo un racconto sulla sua assenza!
interessante
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 02/18/2010 a 17:43
SI.
Interessante come la mente sappia fare la contorsionista! Incredibile veramente come ognuno interpreta (a suo modo) un racconto scabroso o quantomeno del dis-amore.La scuola dell'umano è sempre aperta...Ciao scrittore.Una buena serata,Bianca 2007
Scritto da: Bianca 2007 | 02/18/2010 a 20:00
L'amore conosce sacche di sopravvvenza, mentre il bene e la stima sanno ripiegare in buon ordine... E' triste, doloroso ma terribilmente vero... E' una condanna...
Scritto da: Gian Paolo Grattarola | 02/18/2010 a 21:24
sarebbe sbagliato dire ciò che provo nella mia vita, attribuirei significati a un racconto che deve invece avere il significato che ciascuno dei lettori sente di dare
non sono così convinta che l'amore sia più saldo del bene, Gian Paolo: a volte intestardirsi in modo romantico su un amore perso e oggettivamente sfumato è ostinazione, dalla maledizione si può uscire usando un po' di volontà
posso dire, questo sì, che ho sperimentato come l'uscita traumatica e volontaria di una persona della mia vita abbia portato all'arrivo di altre, bellissime e, senza inutile retorica, migliori
guarire dall'amore, insomma, è possibile
guarire del bene chissà, sono proprio sicurissima di avere smesso di volere bene a amori finiti, magari finiti male?
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 02/19/2010 a 19:29
SONO D'ACCORDO CON MG
anche se non totalmente.Dal racconto emerge più il bisogno (inconscio) di ripetere abitudini autolesioniste o viceversa ben mascherate da "ostinata romanticheria" usando un termine di Mariagiovanna.L'amore è altro e se finisse continuerei ad avere dubbi su qualche "riserva" rimossa o lasciata indietro,il BENE poi è un sentimento talmente immenso e assoluto da riportarci a quello di una madre d'un Amico che non c'ha visti mutati...o di un sogno fatto vita che si avrebbe voluto verità.Bianca 2007
Scritto da: Bianca 2007 | 02/20/2010 a 10:39
Non è che l'amore sia più saldo, è che riesce comunque a trovare forme di resistenza anche in presenza di riscontri opposti. Alla fine della sua devastante storia d'amore per Lesbia Catullo conclude con versi a mio avviso emblematici: "E se ancora riesco ad amarti, certo non posso più volerti bene"... Se ci pensi è peggio di uno schiaffo o di un insulto. Ma questo è, nostro malgrado...
Scritto da: Gian Paolo Grattarola | 02/20/2010 a 12:16
stiamo scavando nei sentimenti e mettiamo il nostro vivere nelle conclusioni fluide o assolute
dire se sia amore o affetto dopo tempo (mesi, anni) trascorso nella separazione credo sia difficile, in realtà
chi può dire se ciò che provo per persone che ho amato sia affetto, razionalizzazione del niente oppure amore residuo?
Scritto da: MariaGiovanna Luini | 02/20/2010 a 12:39