racconti, fiabe, romanzi a puntate, pensieri e pezzi di parole
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AAVV: RAC-CORTI - Il chiama angeli Il mio racconto "Il chiama angeli" nell'antologia RAC-CORTI di Giulio Perrone Editore 2008
AAVV: EROS & AMORE - La penombra di un ufficio e un ascensore che sibila Il mio racconto "La penombra di un ufficio e un ascensore che sibila" nella sezione EROS di "Eros & Amore" di ArpaNet, 2008
"I racconti delle bacche rosse": Lampi di Stampa Editore, I Platani Narrativa, 2008 Il secondo libro di fiabe
AAVV: CONCEPTS PROFUMO - La piccola casa di legno, e quel profumo. Fragranza e mistero di notti romane Il mio racconto "La piccola casa di legno, e quel profumo. Fragranza e mistero di notti romane" nella raccolta "CONCEPTS Profumo", Edizioni Arpanet 2007.
"Una storia ai delfini": Edizioni Creativa, 2007 il mio primo romanzo
AAVV: CONCEPTS MODA - La donna vestita di fiori Il mio racconto "La donna vestita di fiori" nella raccolta "CONCEPTS MODA", Edizioni ARPANet 2007
Luciano Comida Ho la fortuna di amare e di essere amato: faccio lo scrittore, il giornalista, l'impiegato statale, leggo, ascolto rock e jazz e classica, guardo cinema e teatro, tifo Toro, sono valdese.
Michele Crismani Ho tredici anni, non mi piace tanto la scuola (anzi proprio per niente). Invece mi piacciono le ragazze, il calcio, il rock (sia ascoltarlo che suonarlo), i film, mangiare patatine fritte di sacchetto, bere coca-cola e tirare dei rutti che scandalizzano mio papà e mia mamma.
Calogero Miceli poeta, presepista, scrittore e sceneggiatore emergente. Prova a fare anche lo studente in scienze della comunicazione. Vivo ogni giorno intensamente perchè considero la vita un grande dono e perchè in essa ho ricevuto il dono della poesia.
Cantastorie errante ...ogni cosa è intorno al nostro essere, sta a noi saperla vedere ed appropriarsene per donarla agli altri
Nevica a fiocchi piccoli e densi. Scrivo da un po', ogni tanto mi alzo e guardo fuori: la strada già coperta di neve, le poche auto lente dietro lo spazzaneve che gira in paese, con le luci gialle accese, per permettere di muoversi a chi vuole andare a sciare.
Non è facile tirare fuori scritti nuovi quando sono in un romanzo. La notte scorsa ho perfino sognato i miei personaggi, e mi pare limitativo definirli personaggi: ho sognato Alessandra e Luca, e ho intravisto Livia. E Francesco. Fanno parte del mio quotidiano, la testa ritorna nella storia anche quando faccio altro.Va bene così.
Uso questo tempo di stacco tra un capitolo e l'altro per raccontarvi che ho ricevuto altra posta. Grazie, sempre, mi piace leggervi. E mi emoziona. Ho ricevuto i racconti scritti da un chirurgo: sono racconti brevi, impressioni e emozioni. Un altro uomo che sa descrivere l'amore, la stessa cosa dico sempre di Fabio Capello (lo scrittore, non l'allenatore) che in "Piccadilly Line" (Edizioni Creativa) ha dipinto l'amore con poesia e senza la paura tipica degli uomini. Vi suggerisco la lettura del libro di Fabio Capello, vale la pena perdersi con lui nella miriade di volti e passi che attraversano la metropolitana. Nel 2009 ho incontrato uomini capaci di amore, quello vero: come abbiano sfiorato la mia vita, se ci siano entrati per restarci oppure no, non ha importanza adesso. So che ci sono, e a loro devo un ringraziamento particolare perché, per qualche anno, sono rimasta ferma su un cliché di uomo (e di non-amore) orrendamente sbagliato, con esempi che, mi dispiace dirlo, mi hanno fatta vergognare delle mie scelte. Adesso è come se il quadro si fosse finalmente messo insieme, grazie agli scrittori che sanno descrivere la bellezza pulita dell'amore ma anche a chi sta facendo un pezzo di strada insieme a me. Come, non interessa: la sta facendo e basta.
Pezzo di strada, amore e non-amore, paura. Paura, a proposito. Mi è capitato di uscire a cena nella mia Brianza, una sera prima di Natale, con alcuni amici. Tra gli amici, un uomo per me un po' misterioso: potenzialmente potremmo essere veramente amici, con una complicità mentale che raramente ho sperimentato, concretamente invece percepisco il suo freno a mano tirato e da tempo mi chiedo perché. Beh, conosco alcune ragioni, in realtà, perché gli occhi e l'istinto ormai sanno portarmi molto più lontano delle parole, ma, ugualmente, sollevo dubbiosa le sopracciglia quando lo vedo fuggire e nascondersi senza motivo. Avanti di due passi, indietro di uno, sempre. Insomma, non volevo raccontare questo, però. Anche perché lui non c'entra, mi faceva piacere che fosse insieme a noi e l'ho citato. Volevo dire che, fuori a cena con un po' di persone e anche lui, ho buttato un'occhiata in una stanza laterale del ristorante e mi sono inchiodata al pavimento. Mi si è lavato lo sguardo di incredulità. In questa stanza laterale c'era, a un tavolo piccolo, una donna che conosco: l'amante di uno degli uomini presenti alla cena. Per chi mi legge da poco tempo oppure solo oggi, per caso, voglio precisare che il termine "amante" per me è il migliore in assoluto quando si parla di una persona che ne ama un'altra: amante cioé colei o colui che ama. L'amante racchiude ogni forma di amore: sensuale, erotico, spirituale, di intelletto. Insomma, non cercate frettolosamente giudizi nei termini che uso, a meno che non conosciate già la mia scrittura. Dai, vi racconto. Mi sono fermata a guardarla per essere certa di riconoscerla, e non ho avuto dubbi: era lei. Avrei voluto raggiungerla e portarla al nostro tavolo, perché era piuttosto ovvio che fosse là per stare accanto a lui, ma separata di fatto visto il ruolo di donna non ufficiale. Che tristezza. Ho percorso gli ultimi metri fino al nostro tavolo con i piedi pesanti e nessuna voglia di lasciarla là, in disparte. Quella stanza laterale ha concretizzato anni di riflessione e vita, pensieri sul ruolo che la donna permette che le si attribuisca. Per amore ci si fa mettere in una stanza laterale, in fondo a un auditorium se si partecpia alla stessa iniziativa culturale ma con lui in prima fila, che finge di non conoscere e non vedere. E' amore? Non saprei dirlo, una volta avrei detto di sì. Adesso che sfioro i quaranta e ho capito che no, proprio non ci si deve illudere che dalle rape si cavi il sangue e che esistono uomini veramente aridi e incapaci di rispetto, penso che chiamare amore una stanza laterale sia confondere le cose. Credo sia un modo per addolcire una verità troppo dura per essere ammessa: l'uomo si giudica dalla scelta della donna, ma vale il viceversa. Anche la donna va giudicata per l'uomo che sceglie (questa affermazione getta un luce inquietante sul mio passato, me ne rendo conto). E, soprattutto, in alcune fasi dell'esistenza si accettano abusi che, poi, appaiono esattamente ciò che sono: squallidi patteggiamenti vuoti di sentimento. A un'altra cena, settimane fa, il discorso è finito su un uomo politico che sta con una certa donna che, oggettivamente, potrebbe creare qualche problema di immagine: partecipavo alla conversazione con una certa veemenza, ma anche con la consapevolezza che i meccanismi di sensualità e amore (sia l'amore vero che quello falso, virgolettato) non possono essere discussi. Ognuno fa come gli pare. E ne prende, però le conseguenze. Per la donna che prima di Natale ho visto al ristorante, in disparte, la conseguenza è una stanza laterale. Perché lei l'ha voluta e lui l'ha permessa, oppure, se preferite, perché lui l'ha voluta e lei l'ha permessa. E' capitato anche a me di permettere o volere o accettare umiliazioni di questo genere, non credo lo rifarei. Oppure chissà, sono lenta e pigra nello stabilire regole assolute perché sono destinate a sciogliersi come la neve che viene giù oggi senza tregua.
Niente stanza laterale, invece, per la potenziale scrittrice CG. Mi ha mandato una lettera meravigliosa, ha parlato di amore, del suo amore, e mi ha fatta sognare. Ho riletto tante volte quella lettera da conoscerne passi a memoria. L'amore non va giudicato, lo dico a me stessa prima che agli altri, va annusato, assaggiato, bevuto quando è vero. SOLO QUANDO E' VERO, sono ripetitiva come un pappagallo ormai. L'amore vero e prezioso, qualunque colore e intensità e genere e sapore abbia, va vissuto. Perché sarebbe orrendo cacciarlo via o nasconderlo, rimuoverlo o farlo morire. Bellissima, CG, meravigliosa la tua storia, e belle anche, lo sai, le parole che usi quando scrivi. Non seguire maestri, usali solo per i dettagli tecnici e i trucchi del mestiere, ma lascia andare l'istinto perché dentro hai già tutto per essere scrittore. E non a tutti dico così. A pochi, anzi, perché di solito invece sfinisco la gente con suggerimenti di lettura e studio e approfondimento.
Concludo in fretta, e mi scuso, ma la neve che copre di silenzio il paese mi intontisce e chiama al romanzo. Vado, ma ritornerò. E grazie a chi legge, grazie a chi commenta e chi invece non lo fa, grazie a chi mi scrive.
Manda brevi messaggi email e pezzi di musica. Nell'ultimo messaggio, musica di Scarlatti. Ascolto molte volte, spesso è notte quando approfitto del silenzio per perdermi e immaginare. E' bello sapere che esista da qualche parte, lontano oppure vicinissimo, un uomo (il cui volto ho intuito da una fotografia) che suona per me. E spedisce, poi, i pezzi perché li possa ascoltare. Il nascisismo che non mi manca è gratificato, ma non si tratta solo di questo: queste mani misteriose che suonano e mandano messaggi ricostruiscono l'idea, l'impressione, come in un soffio impertinente, di delicatezza e pensiero. Delicatezza, pensiero. E' un'impressione che più volte è mancata, in questi anni recenti di rivoluzione e cambiamento: ho conosciuto uomini capaci di grandi crudeltà e piccineria impagabile, ma ne ho incontrati alcuni densi di tenerezza, e stupore per la bellezza di uno sguardo. Uomini che, a tratti, hanno saputo spiegarmi l'amore. Dico l'ennesimo grazie, in queste righe pubblicate dopo una giornata di viaggio e mare grigio e freddo, a chi mi spedisce la musica: non sono costante nelle risposte, probabilmente deludo le tue aspettative, ma la tua arte è compagnia frequente dei miei silenzi.
Strano come la posta che ricevo si assomigli nel contenuto in base a ciò che pubblico nel blog. O forse non è strano: la lettura provoca reazioni, che sono echi di ciò che nel blog compare e suscita riflessione. O critica. O emozioni. Insomma, alcune donne mi hanno parlato di amore nelle lettere notturne (tutte scritte di notte!) che hanno riempito il mio indirizzo email. Queste lettere, molto belle, hanno raccontato vite a frammenti e posto domande; si sono accavallate alle domande che ho ricevuto venerdì sera a Senigallia, alla presentazione di "Diario di melassa". A Senigallia, CG, una donna che considero amica e sento spesso in Facebook, ha chiesto se creda ancora nell'amore. Se dia fiducia all'amore. Il senso della domanda era questo: nei libri racconto amori mancati, interrotti, tragici, spesso traditi; come posso fidarmi ancora quando amo qualcuno, se la mia visione dell'amore è questa? Più o meno, è ciò che colgo anche nelle lettere recenti delle lettrici: ci si fida ancora dell'amore quando gli eventi hanno portato molto dolore? Confesso che la mia risposta è meno lineare rispetto al passato. L'istinto, fino a qualche tempo fa, mi avrebbe imposto di dire un "sì" convinto, spregiudicato, incosciente, un sì destinato a gettarmi nell'azzardo e nel pericolo con il sorriso sulle labbra. Ma. I tempi sono diversi, e qualcosa dentro è cambiato. Provo a raccontare che cosa.
Perdonate la digressione di vita vissuta, mi serve per calare nel reale parole che potranno sembrare filosofia da niente. In un momento della mia vita, ho amato molto qualcuno. L'ho amato tanto da accettare la consapevolezza che, prima o poi, l'amore sarebbe finito; e ho fatto ancora di più, non l'ho solo amato: mi sono fidata. Ho creduto che, anche nella peggiore delle situazioni, quell'uomo avrebbe rispettato un patto di lealtà da lui stesso proposto nei momenti migliori, e mi avrebbe parlato con tatto e delicatezza di un'eventuale rottura tra noi. In realtà, avevo dimenticato questi dettagli, avevo perfino rimosso la faccia di lui, mi sono ritornati in mente l'altra sera mentre lavoravo alla seconda stesura di un romanzo che al momento riempie le mie ore. Quell'uomo, a un certo punto della nostra storia, incontrò un'altra donna e con lei iniziò una relazione; lo capii dai soliti, squallidi segnali (resterà mirabile un telefono cellulare lanciato di fretta, nel bagno, a un mio incauto presentarmi sulla soglia: chi di voi ha vissuto una cosa del genere può capirmi) e provai a chiedere, ma mi sentii rispondere con una serie di banalità che solo una mente ottenebrata dall'amore avrebbe potuto accettare. La mia mente, ahime. L'ultima volta che lo vidi, preparò ogni cosa alla perfezione: trascorse la notte con me, si fermò a casa mia anche la mattina, poi mi portò a pranzo e aggiunse una passeggiata al mare. Per poi sparire senza spiegazioni e liquidarmi, dopo circa un mese, con l'epica frase (rigorosamente telefonica): "Sei stata una piccola parentesi".
Sei stata una piccola parentesi.
Bene, fine del siparietto autobiografico. Sarebbe inutile, autolesionistico e fuori dal tempo presente soffermarci sul dolore devastante che quelle parole hanno provocato, senza una vera ragione per il suo pronunciarle. Fermiamoci alla frase, vero nucleo di tutto. A Senigallia, venerdì sera, ho tentato di analizzare le motivazioni per cui un uomo, finito l'amore (o l'affetto, o la simpatia, mettetela come vi pare), debba lasciare andare dalle labbra una frase del genere. Gratuita, non necessaria, fonte di dolore tremendo per chi la riceve, definitiva nell'azzerare la stima. Sincerità? No, è una risposta sciocca. Che sia stato sincero o meno, credo che nessuno abbia voglia di farsi ricordare come quell'uomo inevitabilmente è ricordato da me: un povero cretino. Disprezzo? E perché? Perché disprezzare chi ti ha amato, chi tu stesso hai amato? Scarsa educazione? Sì, questo sì, perché una cosa che ho dovuto per forza constatare è che, nonostante un'immagine sociale particolarmente "ricca", quell'uomo non abbia mai dato prova di particolare eleganza. Insomma, che l'amore finisca capita continuamente, ma che si ferisca qualcuno con poche parole buttate fuori così non dovrebbe essere previsto dal manuale del perfetto ex-amante.
Ritorniamo alla fiducia nell'amore, alla voglia di investire in una nuova storia dopo relazioni abbozzate, cadute, sfracellate per varie e più o meno evidenti ragioni. Rispondo a CG e alle lettrici: sì, credo valga la pena comunque di investire e buttarsi, credo che l'amore contenga il mistero della rinascita e della felicità, fuso insieme al dramma e all'imprevedibilità più assoluta. In fondo, dopo il povero cretino ho incontrato un uomo meraviglioso, una specie di miracolo, che ha saputo restituirmi dolcezza e passione senza la necessità di provocare inutile dolore. Però. Se dalla ferita della perdita di qualcuno che amiamo possiamo senza dubbio guarire, la ferita della delusione non rimargina mai completamente. Incredibile a dirsi, non ho ritenuto di dovere perdonare il nuovo amore del povero cretino (aveva il diritto di innamorarsi, come avrà il diritto di disamorarsi dieci, cento, mille volte), ma non potrò fare a meno di ricordarlo come qualcuno che non ha avuto coraggio, e che volontariamente ha provocato un dolore non necessario. Qui, proprio in questo insignificante dettaglio, la fiducia vacilla. E non sono pronta, brillante e schietta come una volta nel rispondere ale domande di CG e di altre lettrici.
Una di loro, una di queste lettrici, pone una domanda in particolare. "L'uomo che mi interessa è sposato, e ha avuto altre amanti in passato. Come posso essere sicura che non tradirà anche me? Dice di non essersi mai trovato tanto bene con una donna, ma devo credergli?". Cara FM, mi chiedo ogni giorno il motivo per cui queste domande vengano poste a me (i miei libri non sono l'esempio limpido dell'esperienza positiva in amore), tuttavia so di avere ragione quando dico che l'uomo che ti interessa tradirà te e qualsiasi altra donna avrà in futuro, e no, non dovresti credergli. E' uno schema: lo ripeti tu e lo ripete lui, come in un copione. Esistono uomini che tengono aperte molte porte e non sanno chiuderle, ne esistono altri che vivono con il bisogno di moglie e amante, e ce ne sono alcuni che, dopo anni di totale infedeltà, provano la strada della relazione serissima: questi ultimi si infilano il paraocchi, tirano dritto finché capita qualcosa che li fa cadere. E dopo la caduta non trovano più la strada. Comunque. Non fidarti del'uomo che ti interessa, ma decidi per te. Sii libera, prendi la vita nelle mani e vai avanti. Chi ha detto che non si debba amare un uomo che, prima o poi, tradisce? Stai attenta però a non farti troppo male, metti te stessa prima di lui. Sempre.
Oh, che impressione. La posta del cuore sta diventando davvero "l'angolo Liala": chissà come sono contenti i miei colleghi che parlano invece di massimi sistemi! Ma cosa volete farci, ho questa fissazione di rispondere a tutti,lo faccio in privato e, qualche volta, anche nel blog. Soprattutto, me ne frego altamente di ciò che pensano i nasini ritorti in su.
Un gentile lettore insiste nel mandarmi email pornografiche con descrizioni dettagliatissime dei nostri improbabili, futuri rapporti sessuali. Grazie anche a Lei, è tenace e fedele in questo autoerotismo comunicativo, ammetto che nell'ultima lettera le fantasie erano meno banali e un tantino migliori delle precedenti, però non riesco proprio a vedere un futuro per me e Lei insieme. E non lo vede neanche Lei, sono certa. Sarà per un'altra vita.
Moltissime lettere riguardano "Diario di melassa". Sono lettere di donne, ma c'è anche qualche uomo, che hanno sofferto o soffrono di "binge eating disorder". Come me. Questi lettori dicono di sentirsi capiti, di leggere nelle poche e scarne pagine del libro la descrizione di ciò che accade davvero, al di là e oltre la retorica di scrittori che tentano di dipingere i disturbi alimentari come malattie poetiche e tormentose con un filo di romantica poesia. Nessuna poesia, il binge eating disorder fa schifo. Mangi tutto, mescolando sapori che non senti e buttando giù senza masticare, rischi di soffocare nella cioccolata mista al prosciutto crudo e maionese, e fai in fretta, sempre più in fretta, ti nascondi anche quando sei sola in casa, poi ti senti il peggio del peggio, lo scarto abietto e inutile dell'umanità, ma non puoi fermarti. Il mondo ti guarda, se ingrassi a dismisura come è capitato a me ti osservano con un punto interrogativo sulla fronte e chiedono "Ma tu che sei così intelligente, perché sei grassa? Basta solo smettere di mangiare".
Basta solo smettere di mangiare.
Altra frase che fa il paio con quella del povero cretino, qualche paragrafo più su. No, che non basta smettere di mangiare; o forse sì, basta quello, ma da soli non si riesce! Perché tutto passa attraverso il cibo, la dolcezza, la voglia di amore, il sesso, la rabbia, la nostalgia, la noia. Il cibo è amore che non c'è, è il tentativo di riempire una voragine nerissima che, fatalmente, non si riempie mai, resta vuota e sempre più grande, nonostante le tonnellate di roba informe, a volte perfino scaduta, che si butta dentro. Il cibo, per chi unisce al disturbo il ricordo di molestie sessuali, è il modo per respigere attenzioni malsane oppure sanissime ma difficili da accettare, è il modo per coccolare se stessi perché le coccole umane non bastano, oppure non si riescono ad accettare. Il cibo è nemesi e priorità assoluta. E questa è una MALATTIA.
Il binge eating disorder è una malattia. Notizia buona per chi ne soffre perché, come è capitato a me, si può chiedere aiuto. Non so se si possa definire guarigione ciò che accade dopo, quando l'aiuto professionale porta a stare meglio: guardate le mie foto in tempi diversi della vita, capirete che il cibo è rimasto una reazione spontanea agli eventi belli e brutti che capitano, però è possibile conoscere se stessi e imparare a salvarsi, a limitare i danni. A fermarsi, là dove per anni non siamo stati capaci di farlo. Ciò che mi auguro è che "Diario di melassa" dica che si può migliorare, e stare molto, molto meglio. Non era nelle mie intenzioni dare un senso al manoscritto: quando scrivo non ho finalità etiche o terapeutiche, metto giù quello che l'istinto e la ragione vogliono, però ho capito, grazie a chi ha letto il libro e ha voluto condividere con me le proprie impressioni, che raccontare qualcosa di sè a volte può fare sentire capiti, incoraggiati. Può fare sentire più leggeri, in tanti sensi.
Concludo con altre lettere, pesanti e dense di dolore. Qua e là, non solo in "Diario di melassa", ho parlato di incesto. E la cosa ha creato rabbia, dolore, empatia, insulti, voglia di confessioni epistolari. Penso che l'incesto sia abnorme, mi succede di accorgermi che tanta gente arrivi al mio blog digitando sui motori di ricerca "racconti erotici in famiglia, con cognate, figli, sorelle, madri". Questo mi rende triste, ma fa anche tanto pensare. Il confine tra incesto e attrazione sessuale casuale, involontaria, caduta addosso senza premeditazione è sottilissimo. Giudicare a priori è sbagliato. Però il problema esiste, e crea sofferenza. L'incesto viene nascosto, ma spesso percepito ugualmente: si sa e non si dice, si fa tutto per coprirlo. Ma, di notte, si controllano i siti che pubblicano racconti e video pornografici per cercare la trasgressione massima: ho visto molti siti del genere, succede spesso che vada a vedere perché in un prossimo romanzo racconterò parte dell'esperienza con queste letture, e ho capito che tuonare con aria pontificale non basta, non è la soluzione. A chi mi ha scritto non ho risposte intelligenti da dare, se non che, forse, la repressione sessuale palpabile di una società che usa internet, ha a disposizione tecnologia da sogno e apparentemente è riuscita a raggiungere il massimo della libertà, sia ancora troppo pesante. Si cerca di trasgredire almeno a parole, o nella lettura, distorcendo il significato di una parte meravigliosa della vita: il sesso. Niente di più naturale, istintivo e appagante del sesso. Eppure, come per il cibo, anche per il sesso esiste il disturbo, l'abbuffata patologica che scompensa e colpisce duro.
A proposito. Qualcuno ha chiesto come mai scriva racconti erotici. Non esiste un motivo che riesca a spiegare. Considero il sesso una realtà stupenda, necessaria, superflua negli atti per chi non desidera o non può viverlo, ma integrata radicalmente nell'essere. Mi piace scriverne, in alcuni momenti. C'è il momento per scrivere il sesso, e il momento in cui il sesso proprio non fa parte della scrittura. Succede che ironizzi descrivendo situazioni eccitanti, al limite del pornografico, oppure che sia serissima e intenzionata a parlare di relazioni che stimolano la mia fantasia. Succede che non trovi motivo per non parlarne, che non veda il male (no, proprio non lo vedo) o la "caduta di stile" (alludo alla lettera di CC): perché il sesso dovrebbe fare cadere lo stile? Lo stile cade se la scrittura è brutta, ma non è certo colpa dell'argomento! Chissà perché, la domanda più frequente è se i miei racconti siano tutti vita vissuta: volete sapere se trascrivo le mie avventure per la gioia dei lettori e per il narcisismo inevitabile di ogni scrittore? Certo, ogni pezzo di scrittura è vita vissuta da qualcuno, e lo scrittore nemmeno lo sa: non racconto la mia vita sessuale (forse) e neanche quella di persone che conosco, racconto situazioni possibili, probabili, realistiche o meno, ma concrete. Da qualche parte, in qualche luogo. Non è importante, per me. E' chiaro che conosca il sesso, ma anche nei racconti erotici, come nel resto delle cose che scrivo, ritengo che la mia vita sia per niente interessante: trovatemi dove vi pare, forse ho fatto ciò che scrivo o forse no, non è questo che davvero conta.
Concludo, ora, davvero. Ritornerò con altre lettere più avanti.
A tutti, tutti voi, un sorriso e un grazie incredulo e felice: ricevere le vostre parole, qualunque sia l'argomento, è una parte del mio essere che regala emozioni importanti. Mi rendete un po' migliore.
Vediamo cosa viene fuori. Mi sono seduta, ho acceso il computer per rispondere alla posta di oggi (rispondo a tutti, o quasi), poi ho pensato di scrivere altro qui nel blog.
Ho lasciato da poco IEO, salutando un'amica molto bella che, come un fungo raro e prezioso, è saltata fuori da qualche tempo e mi ha arricchito la vita, e ho guidato fino a casa. Pochi chilometri, con la testa a puzzle sul viaggio di domani a Livorno (venerdì sarò a un congresso e parlerò di diritti del malato oncologico), su due o tre persone con problemi particolari visitate questo pomeriggio, sul mio esofago in fiamme da questa mattina e sulle lettere che sto ricevendo negli ultimi giorni. Perché mi scrivete, e mi stupisco. E sono contenta e curiosa.
Sono contenta perché mi piace lo scambio, mi piace chi parla invece di restare in silenzio. Niente a che fare con la caciara, quella va bene per le serate su di giri insieme alle amiche; alludo al dialogo, alle parole messe una dietro l'altra per dire, spiegare, chiedere e capire. Chi mi conosce sa che soffro molto quando qualcuno si sottrae al confronto e al dialogo: tacere quando si può invece parlare (o scrivere) è per me una specie di ferita, a volte anche un'offesa. E' illogico, va contro l'intelligenza, ma accade. Si tace, e si lascia intendere. Accettando il rischio che l'altro capisca il contrario o interpreti male. Insomma, si buttano via occasioni. Comunque, ritorniamo alla posta che ricevo. Una donna che scrive racconti erotici ha detto in una lettera lunga e interessante che le sembro equilibrata e calma, nonostante scriva erotismo e faccia intuire tristezza e una vita sessuale tumultuosa: pacatezza, calma, equilibrio, tutto vero. E' ciò che spesso si percepisce di me. Credo siano tutti aspetti reali della mia personalità, altrimenti non saprei mostrarli sul serio. Mi aiuta la professione medica, credo: è difficile pensare di lasciare andare, di esprimere le insicurezze e il pathos quando si ha a che fare con la malattia seria, pericolosa e traumatica di tante persone. Il medico dovrebbe essere pacato e rassicurante con me, quindi voglio a mia volta rassicurare. Senza fingere, con la genuina serenità che so trovare dentro di me. Perché esiste. Con chi amo, con gli amici penso di essere calma e rassicurante, in molte occasioni. Certo, cara scrittrice erotica che mi ha mandato una lettera bellissima, qualcun altro ti direbbe che è vero il contrario: sono esplosiva e umorale e ho davvero, come dici tu, una vita tumultuosa. Vero, vero anche questo. E' la doppia identità cui alludo, più o meno, nell'intervista rilasciata a Gian Paolo Grattarola e pubblicata su Mangialibri. E, a proposito, ecco un'altra brevissima lettera, di un uomo che conosco e mi piace molto (anche se tace troppo, deludendomi): dice che la fotografia di Mangialibri è sdrucita (l'avevo definita io così), ma esprime dolcezza e insicurezza. Eh, sì. Le fotografie non mentono. Dolcezza (nascosta bene) e insicurezza (nascosta mica tanto). Hai ragione, caro e silenzioso potenziale amico.
Andiamo sull'erotico. Ho ricevuto qualche email particolarmente ispirata in questo senso. Mi sono divertita. L'equivalenza tra scrittura erotica, cioé scrittura di qualche racconto erotico, e disponibilità non vale, sapete? Come spiegavo a un interlocutore galante il cui viso non conosco, i partner non si cercano, si trovano. Scrivere erotismo non implica la ricerca di un uomo, una donna, una coppia, un trans. Insomma, non implica la ricerca del partner sessuale di una notte o una vita. Scrivere è scrivere, e basta. Perché io scriva erotismo è impossibile da dire, la scrittura non va spiegata. E', e basta. La dovizia di particolari con cui un lettore, che si firma con nome e cognome (corrispondono anche nell'indirizzo email quindi li prendo per veri) descrive ciò che vorrebbe farmi mi fa sorridere, ma senza ironia: mi sono veramente divertita, è stato molto simpatico, chissà se la sue proposte mi piacciono oppure no, non è importante. Certo, ricevere una lettera così può lusingare, ma quando è il primo approccio in assoluto, senza un preambolo o un preliminare non erotico, è un po' difficile lasciarsi affascinare. Un uomo che scrive a una donna "ti farei così e cosà", con i termini più espliciti e chiari per posizionare anatomicamente i gesti immaginati, sta senza dubbio scherzando, allora rido insieme a lui. Chapeau, ardito interlocutore con nome e cognome. Altro lettore, altra lettera: che poesia l'uomo che mi manda pezzi musicali perché mi ispiri quando scrivo! Grazie, la musica mi stacca dal contesto e trascina via, riesce a crearmi e farmi creare.
Creare. Tre lettori chiedono come abbia scoperto la scrittura, come sia arrivata a pubblicare. Non voglio evitare l'argomento, ma credo che l'intervista pubblicata su Mangialibri sia molto chiara. Gian Paolo Grattarola ha posto domande interessanti e puntuali. Aggiungo solo che scrivere, scrivere, scrivere è un segreto di Pulcinella che vale in ogni caso: la scrittura pretende e ruba, ma regala anche tanto. Va esercitata e limata, piegata, ristretta oppure sviluppata. E la lettura, anche, è un altro segreto che credevo scontato, invece va ripetuto, ribadito ogni volta che si può: leggere arricchisce lo stile e l'anima, non potrei concepire una vita senza lettura. Una gentile lettrice insinua che il mio stile sia imitato da altri scrittori: può darsi, anzi sì, è vero, ed è vero anche, come tu dici, che qualcuno imita le fotografie (posa, luce, dettagli), il modo di parlare, perfino il mio feticismo del piede ormai arcinoto, con la passione assoluta per manicure e pedicure perfette. Vedo tutto, le vibrazioni del mio corpo ormai sono chiare, le so leggere e interpretare. So moltissimo, anche quando fingo di no. So l'invidia, la fuga di chi ha paura del mio carattere mutevole (sono una donna "impegnativa", pare), so il pettegolezzo, l'amore e il disamore. So chi mi ha usata, purtroppo. E so l'imitazione. Non ha importanza, chissà quante volte sono stata io a imitare qualcuno senza rendermi conto! Cara amica, da anni lavoro con uno scienziato che è genio assoluto: lo imitano in tanti, ma l'originale è irripetibile. Io genio non sono, ma alcuni tratti della mia follia possono essere scimmiottati o resi migliori da altri, chissà, ma mai riprodotti uguali. Inoltre, l'imitazione si percepisce. Come l'hai percepita tu.
Mi scrivono molte donne che mi conoscono in IEO. A loro devo gratitudine perché mi insegnano a vivere. Detesto la retorica: alcune di loro sono simpatiche, altre irascibili, rissose, fredde oppure scostanti, ma tutte sanno che esistono segreti nel fondo dell'esistenza. Li hanno toccati quando hanno conosciuto la malattia, e sanno che riesco a vederli, quei segreti. Grazie anche all'uomo molto "importante" che mi ha lasciato una lettera sulla scrivania in IEO: ha parlato di "Diario di melassa" e mi ha commossa. Ogni tanto prendo penna e carta da lettere, inizio e lascio lì. Vorrei rispondere a quella bellissima lettera, dire che ci sono sorprese, parole scritte inattese che danno senso a tutto. Ma sono sicura che lo sappia.
Andiamo alle critiche. Sono istrionica, ho un ego enorme, dice un anonimo. E' vero, sono scrittore quindi devo essere così. Non credere mai, amico anonimo, alla mite ritrosia dell'autore: scrivere e pubblicare è esporsi, si accetta di farlo senza una pistola puntata alla tempia quindi qualcosa nella psiche lo rende possibile. E desiderabile. Non credere all'umiltà, è l'atteggiamento più millantato in assoluto. Tra gli scrittori, poi... Devo ancora incontrare una persona realmente capace di umiltà. Anzi, non è vero: una la conosco, è il medico più colto che conosca, ed è donna. Lavora all'Istituto dei Tumori di Milano. Non vado oltre perché non gradirebbe: è, appunto, realmente umile d'animo nonostante la genialità.
Bene, mi sono sciolta in frasi e parole. E' stato bello. Non ho esaurito la corrispondenza, chissà che non ritorni a parlare con i miei amici di penna qui nel blog. Vi saluto e passo ad altro, e preparo una piccola valigia per la partenza, domani.
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